lunedì 30 agosto 2010

BANALITÀ

Le cose banali penso non piacciano a nessuno. Tanti le scelgono, pochi, alla fine, le riconoscono come vere. Ci sono parole banali, azioni banali, scritti banali, film(s) banali, canzoni banali. Ci sono persone banali, scelte banali, compiti in classe banali (ma questi mi piacevano al liceo!), ricette banali, pranzi e cene banali, scherzi o spettacoli banali. Banali possono essere le lettere di ieri o le e-mail di oggi, gli sms o le confidenze fatte all’orecchio. Ci può essere banalità nel male, ma anche nel bene. Qualcuno può pensare di vivere una vita banale. Qualcuno può dire che persino la morte, a volte, sembra essere banale.

Un amico vero, quello non è mai banale, perché anche la banalità, se sporcata di vera amicizia, è una musica che fa sorridere la vita.



QUOTATION: “Good friends are like stars. You don’t always see them, but you know they’re always there” old saying, per il quale ringrazio Alessandro

venerdì 20 agosto 2010

SVEGLIA GRIGIA



Ci sono mattine in cui la sveglia suona note brillanti e gioiose. Sono giornate piene di cose da fare, ricche di incontri piacevoli, piene di impegni e soddisfazioni in agenda.
Ci sono mattine in cui la sveglia suona note assonnate. La sera si fa tardi, per dovere o piacere, e gli sbadigli che aprono il giorno dicono la nostalgia di un cuscino e di un comodo materasso, più che il saluto al sole che sorge.
Ci sono mattine in cui la sveglia rimane in silenzio. E in genere queste sono giornate in cui hai un sacco di cose da fare e hai un sonno bestiale!

Oggi, per esempio. La mia sveglia è rimasta a dormire.
Penso abbia guardato il colore del cielo.
E appena alzato, appena guardato il colore del cielo, anche io sono diventato di quel colore.
Né bianco né nero, né carne né pesce.
Nemmeno l’idea di un “intervallo” da questo secondo tempo di estate è riuscito a convincere la tavolozza dell’umore a colorarsi un po’.
Se avessi dovuto suonare una nota, di sicuro avrei suonato un Do.
Bemolle!

Eppure, a metà mattina, la sorpresa: la possibilità di incontrare un uomo straordinario, un anziano, un saggio. Testimone di quasi un secolo di storia, amico di grandi uomini, compagno di viaggio di grandi-buoni uomini. Occasione da non perdere!
Chiedo il permesso di salutarlo. Permesso accordato.
Entro in casa sua e sento il profumo di una casa viva. Manca un’ora al pranzo. Mi affaccio alla porta dello studio e subito quest’uomo, novantacinquenne, scatta in piedi e mi abbraccia per salutarmi. Con il sorriso mi chiede il nome e scherzando, con una mano sventolante, educata e simpatica, dice a un giornalista che lo stava intervistando: “Ora via, ho una cosa più importante da fare!”.
Un po’ imbarazzato mi accomodo al tavolo e subito rimango incantato dalle sue parole, dalla sua convinzione, dalla sua giovinezza.
A separarmi da lui un tavolo e settantadue anni di vita.
Mi legge un biglietto di auguri che ha scritto per un suo amico, mi legge un pezzo della prefazione di un suo libro.
Mi dona tre quarti d’ora di straordinaria e pura sapienza umana e cristiana.
Parliamo dell’individualismo, parliamo della violenza, dell’indifferenza alla crisi che ci colpisce.
Parliamo del sorriso necessario a vincere il grigio che copre la nostra società.
[Alt!! .. Sorriso? Grigio?]
Mi parla del suo maestro e ispiratore, della sua bontà, della sua affabilità.
Mi parla di quante persone non vogliono più sperare, più credere, più amare.
E di come lui, alla sua età, si presta a supplire le loro mancanze, sperando, credendo, amando per loro.

Mi scusi, ma se durante il giorno fa tutto questo, a che ora si alza al mattino?
Beh, abbastanza presto, alle tre e mezzo!

Un sorriso, un abbraccio.
Arrivo anche oggi a un Si.
Diesis!


QUOTATION: "La psicologia del profondo non è congeniale ai Cesari imperatori" G. Scerbanenco

venerdì 13 agosto 2010

MONDO

Abito in un quartiere di martiri, nella via di un pastore protestante. Il mio quartiere è alla periferia di un pacifico paese, nell’interland di una grande città.
Abito su di una collina, circondata da anelli di strade e viali alberati. Su questa collina c’è un castello. E io in questo castello ci vivo. Nel cielo volano spesso aeroplani che tracciano linee acrobatiche a tutte le ore del giorno. Come api intorno a noi, fiori.
Abito in più posti di una città dall’altra parte della seconda capitale. Abito in una casa che non è mia e mi sposto con un velocipede a due ruote per le vie di quel luogo.

Ho abitato piccoli paesi con pecore e nel cielo tante stelle.
Ho abitato sobborghi degradati, banlieue italiane, dove ragazzi con tanti sogni li bruciano dormendo in strada.
Ho abitato le vite e i desideri più profondi di ragazzi, giovani, adulti che cercano la felicità continuando a guardare in cielo e credendo ancora. Sperando ancora. Senza illusioni.

Abito questo tramonto, insieme a quello stormo di passerotti che, da alcuni giorni, ha deciso di abitare insieme a me, a casa mia.
Casa mia. Dov’è casa mia, se non in tutto il mondo?


QUOTATION: "Uomini...figli...più li guardo, più li canto, più li ascolto,
più mi convincono che il tarlo della vita è il nostro orgoglio
" Cesare Cremonini - Mondo

NICKNAME

Ricevo il saluto di un amico, incontrato e conosciuto qualche settimana fa, parlando di Egitto e di deserti. Mi racconta di come un giorno, mentre parlava con alcuni altri suoi amici, stava pensando ad alcuni sopra-nomi.

cosi’ stavamo facendo i soprannomi e mi e’ venuto

Noto la tastiera anglosassone. Un dettaglio. Non ci do molta attenzione. Mi stupisce più che altro quel soprannome. Originale. Molto originale. Troppo originale. Che responsabilità!
In genere non mi piacciono i sopra-nomi. Me ne hanno sempre dati tanti. Alcuni non li ho mai sopportati, mi davano fastidio. Quasi mi offendevano.
Altri li ho sempre sentiti come il modo con cui qualcuno di preciso mi chiamava: i compagni di scuola, gli amici, i parenti, i miei genitori. Tutti avevano (hanno) il loro sopra-nome per chiamarmi. Alcuni sono belli a sentirsi. Altri sono oramai un’abitudine.
Non ho grande simpatia per i sopra-nomi per il fatto stesso che stanno sopra di me, mi coprono, a volte mi schiacciano. Stanno sopra il mio nome. Sono di più di me, quindi non sono me. Dicono qualcosa di me che non è reale. Tuttavia sottintendono un legame particolare, tutto particolare. Unico direi.

Ceri, Cirio, Cirius, Cerians, Tato, ----, …

Il nomignolo nuovo mi ha davvero stupito: an-dreamer.
Poco pronunciabile, poco pratico. Straordinario!
Non me lo merito!
Sono solo uomo, il mio nome lo ricorda.


QUOTATION: “L’umiltà è la virtù più difficile da conquistare; niente di più duro a morire del desiderio di pensar bene di se stessi.” T.S. Eliot

martedì 10 agosto 2010

HO VISTO LE STELLE



Martedì 10 agosto. San Lorenzo. Molti stanno aspettando questa notte. Verranno espressi desideri di un intero anno. Desideri di amore, di felicità, di fortuna. Purtroppo quest’anno non penso di riuscire a vederne molte di quelle stelle. La luce del cielo è difficile da guardare quando è pieno di luci umane. Penso sia sempre così. Quando il Cielo si riempie troppo di “cose” umane non è più Cielo. E così, delude. E se il cielo delude dove si guarda se non per terra?
Cercando sempre di guardare il cielo, tenendo i piedi per terra, ricevo in giornata un sms di una amica. Di una cara amica. Compagna di banco per cinque anni di vita. Compagna anche nella strada del ritorno a casa quando la fatica delle ore scolastiche iniziava conversazioni straordinariamente indimenticabili. Mi ricorda la poesia del Pascoli dedicata a questa giornata. La prof (La Prof!) ce l’aveva fatta leggere al liceo.
Non ricordandomelo assolutamente, cerco il testo su Internet e lo trovo con parafrasi a fronte.

San Lorenzo , io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!


Triste?
Molti di noi questa notte guarderanno piangere il cielo. Sarà la notte in cui dalle stelle cadranno sogni che diventeranno depiuablativamente desideri. Quando il cielo piange l’uomo desidera. Ma cosa desidera?
Sembra essere la notte della mancanza: a noi qualcosa al cielo pure! A noi un chiedere al cielo il piangere. Perché tanta nostalgia? Domanda retorica…
Il cielo, come sempre, è disposto per ciascun uomo a perdere una stella.
Mica male, eh!?!
Dreamers di tutti i tempi, buona notte!


QUOTATION: dott.sa: “questo è uno degli esami più fastidiosi che possa fare. È pronto?” Paziente: “mi dica cosa devo fare” dott.sa: “beh, se vuole urli!

sabato 7 agosto 2010

IL POSTINO

"Il postino arriva e mi porta Avvenire, come tutti i giorni, quando sono a casa.
Il postino oggi è in ritardo: arriva alle 12.45. Mi vede, sulla porta e sorride, forse un po' imbarazzato. Mi chiede: "La do a lei?". Mi avvicino e prendo la posta, scocciato. Il giornale preferisco leggerlo al mattino presto, non dopo pranzo!
Ricevo il quotidiano del partito, due buste e una rivista in abbonamento. Entro in casa ed è già ora di pranzo. Appoggio allora la posta sul mobile, distrattamente.
L'editoriale del giornale è firmato "strano", un nome amico. Sorrido.
Perdono il postino in contumacia e dico: "Mangio tra poco". Mi siedo in camera mia, guardando fuori dalla finestra e dicendo tra me a Dio: "Allora non sei in vacanza!". Sorrido ancora. E' bello sorridere! E' bello avere motivi per farlo! E' bello cercare motivi per far sorridere la vita, anche se non sempre nella vita le cose vanno per il verso giusto. Ma per questo basta aspettare...
Leggo. Un editoriale? Un articolo? Un pensiero? Un' omelia alla realtà?
Forse tutte queste cose. Padronanza del lessico (vorrei vedere!), sensibile attenzione all'attualità, citazioni delle parole di vita. Straordinario. O, meglio, come dice un mio amico, "spettacoloso".
Dà speranza a un povero e ignorante discepolo del Maestro di Nazareth leggere parole così cariche di senso. Eidetiche!
Soprattutto in momenti in cui le spine nella carne si fanno sentire. Quando la povertà della natura umana obbliga a pensare che fragili nasciamo e fragili dobbiamo vivere. Quando qualche sofferenza, un po' di malattia, il dolore degli altri ridimensionano il senso di onnipotenza dei pensieri e delle azioni di un giovane che incontra un uomo, l'Uomo, che scopre un dio, il vero Dio, che gli cambia la vita. L'onnipotente è Dio, non io!
Delusioni e attese di un discepolo.
E gioia nello scoprire la grandezza di Colui che chiama a diventare come Lui: deboli fino alla morte per risorgere alla vera vita!
Alle donne che piangono al sepolcro, a Pietro codardo e fallito, al giovane Giovanni, deluso nei suoi sogni adolescenziali, e, in qualche modo, anche agli altri nove rimasti a casa, l'angelo disse: "Non temere!".
E oggi, un messaggero, un postino, sorridendo, l'ha detto anche a me!
"



QUOTATION: “Proteggimi dalla grandezza che non si inchina davanti ai bambini” Gibran Kahlil Gibran

mercoledì 4 agosto 2010

PUNCICATA

Sono abbastanza stanco e arrabbiato (a livello di pensiero, solo di pensiero, per fortuna). Sento alla tv questa parola: puncicata. Mi dicono che sia un modo dialettale romano per indicare un certo modo di accoltellare la gente. Un “leggero accoltellamento” praticato per “lasciare il segno”. Roba da tifosi un po’ violenti. Roba da criminali. Roba da ragazzi. Accanto a quella parola, puncicata, c’è la notizia di un vizio che sta dilagando tra molti [ragazzi]: quello di andare in giro con un coltello in tasca. Non per tagliare il pane e il salame per la merenda. No, no. Per difendersi, in caso di pericolo. Per sentirsi forti e fare paura... Per vendicarsi in caso di tradimento. Per lasciare un segno nel vuoto che sembra essere il grande compagno di gioco di molti.
Un muro bianco da taggare, un niente da riempire.

L’ultimo episodio. Due ragazzi, tredici e sedici anni. Per una ragazza, o qualcos’altro.
Uno in cielo, l’altro in galera.
Di ragioni non ne vedo molte. Neppure di soluzioni.
Qualcuno spiega il razionale perché? Qualcuno propone una razionale soluzione?
Sul banco degli imputati, come una moda, sempre: genitori, scuola, il disagio del Mezzogiorno…
«Un sedicenne che ha maturato la sua adolescenza in un ambiente familiare non proprio dei più opportuni». Questo dicono dell’accoltellatore. Dell’omicida. Dell’assassino. Un ragazzo di sedici anni.
E questo sembra essere la causa di tutto. Che sospiro di sollievo! Ecco dove stava l’imbroglio: il padre è in galera. Allora… cosa potevi pretendere? Un bravo ragazzo? No! Per forza un ragazzo cattivo!
Sempre che ne esistano, di ragazzi cattivi. Io non ci credo, nemmeno un po’, alla storia dei ragazzi cattivi.
La madre, del sedicenne, piange disperata la morte del ragazzetto e la follia del figlio.
È tutto un non senso.

Il titolo sui giornali dice: “Lite per amore…”. Un duello, insomma. Una vera e propria gara di forza tra cavalieri che si contendono una dama. Imprese di altri tempi? No, assolutamente no!
Ci sono le spade, c’è la lotta. C’è un vincitore, che nelle novelle ottiene la mano della bella fanciulla.
C’è il vinto, di cui non si sa bene che fine faccia.
Ma nel nostro medioevo la fiaba finisce sempre male. Per tutti. Rimane solo il piangere.
Si piange per quello che rimane, la sconfitta.

Appena finisco di leggere le notizie di questa vicenda rimango ancora molto stanco e arrabbiato.
Apro la mia home di Facebook. C’è ancora chi, molto leggermente, pubblica questo link:

Godiamoci questi anni ♥ Sono i migliori anni della nostra vita. E non ne vale la pena sprecarli piangendo, o soffrendo per un ragazzo. O per gli amici falsi. o per i prof bastardi. o per i genitori che rompono. Godiamoceli a 360° gradi, senza pensare a niente :)

Nell’ultimo post, “Balla o muori”, chiudevo riconoscendo il bisogno di un vuoto da colmare.
Oggi chiudo con un altro niente per il quale sembra valga la pena vivere.
Almeno per qualcuno.


QUOTATION: "Si può essere felici anche facendo la frittata con le bricciole" Gabriele, vescovo di Biella