venerdì 25 ottobre 2013

SORRIDETE: IMPERATIVO (del) PRESENTE!

I santi sono coloro che riescono a sorridere, sempre. Non per ingenuità o per una fortuna sopra la media. E nemmeno perché le cose gli vanno sempre tutte bene. I santi riescono a sorridere sempre perché hanno un tesoro che alimenta la loro felicità. Un tesoro che “né ruggine” può consumare, “né ladro” può rubare. Un tesoro che rimane prezioso anche se le cose vanno tutte storte. Un tesoro al quale legano il loro cuore. 
In questi giorni, a scuola, una delle cose che mi fa più pensare è notare il numero di ragazzi che non riescono a sorridere. I motivi sono tanti, alcuni molti seri, altri più superficiali, ma in quelle classi con le quali c’è sicuramente più feeling, mi posso sempre permettere un sonoro rimprovero: guai a voi se perdete il sorriso! Sorridete! 
Oggi, venerdì 25 ottobre, ricordo due persone davvero speciali. Due persone diverse, un uomo e una donna, con vite diverse anche se simili: un prete e una suora, don Carlo e Ausilia. Entrambi non sono più in mezzo a noi. Entrambi hanno vissuto la loro vita per il Vangelo, per testimoniare la possibilità di una vita buona. Entrambi hanno cercato Dio tra gli uomini. Entrambi non hanno mai perso il sorriso. Entrambi sono santi. Il primo è già beato. La seconda lo è sempre stata. Perché chi porta nel suo nome l’impegno e il compito di aiutare gli altri (Ausilia da auxilium = aiuto) non può che essere beato, cioè felice. E non importa se in vita faceva sempre sorridere tutti e oggi ha fatto commuovere tutti, me compreso: sono felice, sorrido, perché ho voglia di essere più santo! 

 Grazie, don Carlo! Grazie, Ausilia!

domenica 11 agosto 2013

DRAMMI in SOL(e) minore

Drammi. Sciagure. Omicidi. Suicidi. 
Un aumentare sempre e costante di cose brutte che hanno per protagonisti ragazzi. Ci si stupisce, si rimane indignati il tempo di una notizia di tg. Poi la vita continua. I più sensibili ci ripensano qualche volta, ne fanno argomento di discussione con parenti o amici, ma la realtà non sembra dare segni di cambiamento. Anzi, pare proprio che lo stile sia quello del peggioramento. Lo dico senza pessimismo, ma con molto realismo. Lo dico con la mano sul polso di una parte della popolazione giovanile che mi è affidata, nell’angolino di mondo che mi è stato concesso di abitare. 
I problemi sono tanti. Troppi, grossi, complessi. I ragazzi, che escono dall’infanzia e vengono catapultati in una preadolescenza che sa già di vita vissuta e masticata, non hanno la forza per reggere alla battaglia della vita. Entrano così nell’adolescenza già stanchi, già delusi, già feriti, a volte a morte, da situazioni di crisi di cui non sono pienamente responsabili. Arriva allora la disillusione, che paralizza la voglia di fare, di cambiare, di riscattarsi, di sognare e desiderare un’altra vita. Un’adolescenza paralizzata che non riesce e non vuole sperare in una vita nuova, in una risurrezione, già in questa esistenza. Il problema educativo è sotto gli occhi di tutti e sulla bocca di tanti. Ma le cose continuano a non cambiare. Sarà questo il vero e più tremendo effetto della “crisi” di inizio millennio? Sarà questa sorta di paralisi generale che non permette di migliorare ciò che deve essere migliorato e di riscattare ciò che è imprigionato e senza vera libertà? Ai drammi giovanili prevedibili si aggiungono le sciagure, in casa nostra o in quel mare che pare la via di fuga verso una nuova vita, ma che spesso, troppo spesso, si trasforma nel sarcofago che seppellisce ogni speranza.
Abbiamo bisogno di Luce e di una Vita nuova. 
Basta nasconderci! 

Drammi in sol(e) minore del secondo fine settimana di Agosto, anno del Signore 2013. 
Ed è questo il punto: son passati duemila anni! 
- Roma, suicida 14enne gay, deriso ed emarginato, ragazzo si lancia nel vuoto da terrazzo. 
- Roma, accoltellato nella notte tra sabato e domenica un ragazzo 17enne. 
- Napoli, 18 e 17enne, rapinatori, investiti e uccisi dall’uomo rapinato. Il primo, padre di una bimba di due mesi. Il secondo sarebbe diventato padre domani. 
- Catania, morti annegati sei ragazzi minorenni egiziani, nel tentativo di sbarcare sull’isola. 
- Grosseto, 21enne fermato per aver accoltellato un uomo per motivi di droga. 
- Riccione, una settimana fa ragazzo di 17 muore per mix di alcool e Mdma.




sabato 10 agosto 2013

MOVE YOUR BODY

Sempre più conferme: per cambiare qualcosa nella vita bisogna muoversi. 
Sono abbastanza insopportabili le derive fataliste-deterministe ("io sono così, non cambio").
O meglio sono abbastanza ridicole. 
Il mondo chiede rivoluzione, ma la prima cosa da fare è darci una svegliata di carattere, di stile, di educazione, di semplicità. La deriva può essere sempre vicina, ma la soluzione non è impossibile. Anzi! 
In un giorno di COMPLETA vacanza (=cioè assenza totale di cose da fare e/o pensare) anche un brano musicale elettronico può incominciare a smuovere qualcosa. 
Almeno il corpo. 
Abbozzo di truzzissimo movimento discotecaro. 
Che robacce. 


MYB: move your body! 






la foto: penne alla norcina. è roba che tiene in vita per una settimana. 
Altroché!


sabato 29 giugno 2013

IL BATTITO DEL SOLE


Ci sono scene nella vita di tutti i giorni che tolgono le parole e il fiato. A volte fanno anche commuovere. C'è un'età della vita dove l'aggressività e un po' di rabbia si sfogano verso gli altri attaccando gli affetti e i sentimenti che si provano per i propri genitori. È l'età delle scuole medie e l'insulto più cattivo è sempre quello rivolto alla mamma. Quando succede, a quell'età, non si capisce più niente: si risponde con altrettanta aggressività o, peggio, si passa alle mani.
È successo anche ieri pomeriggio tra due ragazzi del centro estivo. Un insulto a mamma e la reazione fisica non ha tardato ad arrivare. Come responsabile sono intervenuto, isolando i due attaccabrighe (uno dei due dolorante e piangente per il calcio ricevuto a risposta dell'insulto) e preparandomi alla solita esortazione: avete entrambi torto, ma chi passa alla violenza fisica è più colpevole dell'altro.
Rimprovero il primo, che si medica con il ghiaccio la parte infortunata e lo congedo, preparandomi al predicozzo per il secondo, il manesco di turno. Ma... vengo anticipato da un gesto che mi ha lasciato pietrificato. Una mano tesa da parte del più infortunato e una frase "Dai, facciamo pace!".
Io immobile. Il manesco mi guarda, guarda la sua vittima, tende la mano per far pace, ma si accorge che non basta per dire la cosa bella che stava accadendo. Serviva un abbraccio. Forte, vero e pieno di commozione e amicizia. Perché a volte solo un abbraccio ci salva la vita, facendo avvicinare  il nostro cuore al cuore dell'altro, per farlo battere insieme, per continuare, insieme, a vivere con lo stesso affetto.
Non servivano altre parole o rimproveri: l'amore, quello puro, quello che più di tutto sa di vita, ha vinto anche ieri.
Ebbene sì: anche quello era Vangelo!



L'idea di "cantare" questa canzone in questo modo la trovo ugualmente fantastica!
che bella roba che è la vita! :)


giovedì 23 maggio 2013

ANCHE QUESTO E' VANGELO!


Saremo anche presi da tornado e crisi economiche, da gesti di follia che accadono per strada o dalla percezione di ingiustizia che pervade ogni ambito della nostra vita. Saremo anche tentati di pensare "non c'è più niente da fare in questo mondo malato e marcio", ma quando la vita ci ri-porta ai suoi momenti più essenziali (nascere, vivere e morire) tutto diventa sempre più semplice: gioiosamente, faticosamente o tremendamente semplice. La semplicità, nella sua vera applicazione, penso sia uno degli ingredienti che salverà il mondo. Insieme alla bellezza. Un mio ex vicino di casa, di due anni più giovane di me, è diventato papà. Ci separano: i kilometri di distanza, due vite -le nostre- completamente diverse, i molti mesi che non ci vediamo. Eppure lo stupore, la bellezza, la semplicità della buona notizia della nascita di suo figlio mi fa sorridere il cuore e mi dona tanta di quella gioia da non riuscire, almeno questa sera, a pensare alle tante cose che in genere non vanno. 

Grazie! E auguri!
Anche questo è vangelo!

venerdì 15 marzo 2013

FRANCESCO, STUPISCICI!

    


Dopo molto tempo, l'evento che sta entusiasmando tanti, penso meriti qualche parola di riflessione. Francesco, il nome unico di un uomo nuovo, in tutti i sensi. Nello stile, nella provenienza, nella capacità di comunicare qualcosa che non riusciamo ancora a comprendere. Un uomo che trova spazio perché un altro uomo, un uomo benedetto, gli ha lasciato il posto. Un uomo che nel dire "Buona sera", "Vi chiedo un favore", "Buona notte e buon riposo", ci ha emozionato come raramente ci è capitato. Un uomo che ha fatto pregare nello stesso istante milioni di persone con quelle parole semplici che la mamma o la nonna da piccoli ci hanno insegnato. Un uomo vestito di bianco sul quale qualcuno ha già voluto gettare macchie nere, facendo la gara per trovare lo scandalo. Ma, mi spiace per loro, almeno questa volta la sensazione di essere davanti a qualcosa di nuovo sarà più forte del pettegolezzo, del sospetto, dello scandalo che deve far tacere. Opinionisti-giornalisti di un certo tipo hanno tirato fuori ipotesi e storie vecchie, hanno spacciato foto di altri per sue, hanno generalizzato parole dette in contesti determinati sperando di avere una eco di scandalo. Un po' alla Dan Brown. Un po' in maniera romanzesca hanno tentato di far diventare cattivo il protagonista della storia di questi ultimi giorni. Peccato che la storia, questa volta, non appartiene a un romanzo, ma alla vita vera. Una vita, quella del mondo, quella della Chiesa, che ha voglia di cambiare, che ha voglia di sollevarsi da terra, che ha voglia di guarire dalle sue ferite. Una vita, quella del mondo, quella della Chiesa, ferita, una vita piena di errori fatti e commessi, una vita piena di scandali e cose che non funzionano ancora. Una vita che però ha voglia di andare avanti. 

Ieri sera, prima di addormentarmi, dopo essermi documentato su alcune questioni tirate in ballo per lo screditamento generale, mi è venuto in mente l'episodio dell'adultera portata a Gesù per essere giudicata. Un sacco di farisei, di scribi, di buon pensanti, di gente che si pensava a posto con la coscienza, capace di vedere tutti gli errori, di scovare lo scandalo anche nel luogo più segreto in cui lo si possa commettere, portano quella donna dal Maestro per sentire cosa ne pensa. Gesù, fa finta di niente, non si cura di loro e continua a fare quello che stava facendo. Ma l'insistenza di quei "rosiconi" gli fa pronunciare la frase più disarmante di tutta la storia: "chi di voi è senza peccato può incominciare a lapidarla". Curioso che il testo del Vangelo dica che i primi che se ne vanno sono i più anziani. La ricerca a tutti i costi dello scandalo fa diventare vecchi prima del tempo. 
Gesù non condanna la donna. Ma non la lascia andare via come se nulla fosse. "Vai e non peccare più!". 
Per tornare a vivere il mondo, la Chiesa, ogni uomo, ha bisogno di andare avanti, di rimettersi a vivere, a camminare, nonostante il suo errore e peccato. Per tornare a vivere il mondo, la Chiesa, ogni uomo ha bisogno di non sbagliare più. Le due cose vanno avanti insieme: andare avanti cercando di fare meglio di prima. 
Ogni lamentela, ogni tentativo di mettere in dubbio la buona fede dell'oggi con il ricordo dell'ombra di ieri, sa di vecchio. E ci ha un po' stancato. 

Francesco, stupiscici! 

giovedì 10 gennaio 2013

UNA PAROLA DI PATERNO INSEGNAMENTO





Tutto ciò che l’Arcivescovo Angelo Scola ha voluto dire alla città di Brugherio durante la sua visita sabato scorso penso abbia avuto il suo centro nelle parole dell’omelia, durante la celebrazione eucaristica. Il breve tempo passato in mezzo a noi ha, di fatto, ridotto a quest’unico momento la possibilità di ascolto del nostro pastore. Di quanto detto, in senso generale, mi ha colpito una caratteristica frequente nei discorsi e nelle omelie del nostro Cardinale: probabilmente grazie alla sua formazione e al suo essere stato per parecchi anni insegnante, ho sempre percepito nelle sue parole il desiderio di trasmettere molto di quanto la nostra fede cristiana cattolica a volte dimentica. Così, nel suo essere stupito per la grande partecipazione dei brugheresi all’evento, ci ha parlato dei Magi, protagonisti di una ricerca che è di tutti gli uomini e di tutte le donne di ogni tempo. Questa ricerca appassionata e instancabile è la vita stessa di tutti gli uomini che percepiscono - prima o poi, con esiti più o meno soddisfacenti – il bisogno di dare un senso alla propria vita. I Magi, questi tre uomini straordinari (tre perché così ci è stato detto dai nostri padri e noi, di chi ci ha preceduto, possiamo e in qualche modo dobbiamo fidarci) non hanno vissuto la loro ricerca come qualcosa fine a se stessa. Purtroppo, al giorno d’oggi, una certa cultura tende a sottolineare maggiormente l’importanza del viaggiare più che dell’arrivare. Ma un viaggiare senza arrivare che senso ha? Quando il viaggio diventa metafora della vita, il non giungere mai ad una meta o il voler rimandare sempre l’arrivo ad una destinazione che renda vera la gioia che desideriamo provare, quale beneficio può portare? Il coraggio, l’intelligenza, la fede di questi tre Magi venuti da molto lontano sprona ciascuno di noi a cercare quella “grandissima gioia”, che è Gesù, che è il fondamento di ogni vera speranza, non l’illusione di vivere senza problemi, ma la forza che quei problemi ci aiuta ad affrontarli. Come una stella verso la quale puntare la rotta dell’esistenza, verso la quale puntare il cammino che facciamo anche come Chiesa, come comunità cristiane, come Comunità pastorale. Quella dell’Arcivescovo è stata una parola di paterno insegnamento che ci deve spronare ancora di più a mettere Gesù Cristo al centro della nostra vita e che ci aiuti a vivere una vita buona per noi stessi, per i nostri concittadini e per il bene dell’intera società italiana.