domenica 26 giugno 2011

PANE E VINO



Oggi, giustamente, si parla di ringraziamento. Si parla di quella “cosa” che serve per rendere grazie, per rin-graziare, cioè per dire con un gesto, con delle parole, con la presenza, la gratitudine per un bene ricevuto. Per cercare di restituire un po’ del tanto bene ricevuto e che si continua a ricevere.
Dalle mie parti oggi si festeggia una delle feste più belle dell’anno. Si tratta di ricordare un pezzetto di pane e un bicchiere di vino. Cose semplici, che teniamo in casa. Forse le cose più semplici, che servono per vivere. Contorno a tanti nostri pasti, scelte per diventare il pasto che tiene in vita perché dona tutta una vita. Corpo e sangue. “La vita tutta intera”.
Forse mi ripeto, ma è grande l’emozione di poter distribuire ogni giorno un po’ di quella vita a tanti, bambini, ragazzi, uomini e donne, adulti e anziani. Bello, perché quella vita PaneVino è capace di far stringere le mani di adolescenti e nonn-ine, mentre cantano insieme canzoni semplici e gioiose, mentre si stupiscono in silenzio (anche se non sempre perfetto) di quel miracolo che non ha nulla di magico, ma sa tremendamente di amore. Come dice il nostro amico Alessandro: “Chi non ci crede o ci crede poco, non sa quello che si perde”.

Vero! Vero! Vero!


p.s.: oggi, dalle mie parti, hanno anche riconosciuto a tre tipi very strong il fatto di aver vissuto una vita buona, bella, vera, piena. Una vita…vita! Per il fatto che in vita han trovato la felicità, da oggi li possiamo chiamare “beati”.



Il beato Clemente (quello con la barba bianca) scriveva:

"La vita è radiosa dal momento in cui si incomincia a donarla…
La vita è bella, quando ci si vuol bene…
Solo l’amore fa vincere la vita
".

Ringraziamento. Anche per loro e la loro bella vita: donata!


domenica 19 giugno 2011

SEMPLICE SEMPLICE



Mi è capitato spesso di sentire da più parti, come sia difficile per alcuni accettare i tanti dogmi che la Chiesa propone come verità infallibili, da credere fermamente. Il dogma pare essere qualcosa di pesante da digerire, noioso da “seguire”, violento e anche un po’ antipatico.
Sul fatto che siano tanti avrei qualcosa da dire: cosa fa dire “sono tanti” oppure “sono pochi”? E anche sulla loro terribile reputazione, qualche parola andrebbe spesa. La parola dogma, può avere parecchi significati: opinione, parere, pensiero, dottrina, decisione, decreto, giudizio… . Per quanto riguarda la fede, un dogma è qualcosa che si crede perché si sa essere vero. È vero perché è parte di ciò che Dio ha voluto dire all’uomo, cercandolo con tutto se stesso, fino a trovarlo e, in certi casi, fino a farsi rifiutare.
Oggi si è potuto pensare a una delle verità più interessanti e nello stesso tempo più misteriosa di sempre: la Trinità. Presto detto, in formule, che la Trinità è il Padre, il Figlio, lo Spirito. Tre persone, un solo Dio. Ma come è possibile? Se chiedi il nome delle tre persone della Trinità, moltissimi lo conoscono, ma se provi a investigare un po’, se solo ti spingi oltre i semplici nomi e domandi: “ma come può funzionare una cosa così?”, allora l’imbarazzo è visibile. Perché è vero: non è facile spiegarla, ma nemmeno impossibile.
Per prima cosa sembra proprio che la Trinità sia qualcosa di davvero importante. Ci permette di sapere che Dio è un Padre, è un Figlio e uno Spirito. Oltre a questo, però, la Trinità sembra essere un po’ troppo lontano dalla vita, un concetto difficile, da non considerare sempre così indispensabile come il perno di ogni discorso. Quindi, come conclusione: la Trinità è importante, ma non più di tanto, data la sua difficile comprensione e la sua apparente irraggiungibilità.
Ma è proprio così? È così difficile comprendere la Trinità? Ancora una volta, ci butto dentro la testa. Nel tema, ovviamente.
Leggo le letture della messa. La (prima) Lettura parla del roveto ardente di Mosè. Il Signore appare a Mosè in una fiamma di fuoco, un fuoco che fa ardere il roveto, ma che non lo consuma. Un prodigio, inspiegabile, da credere. Quasi un dogma. Un roveto che arde, ma non si consuma. Da quell’albero così misterioso esce una voce, che è la voce di Dio. “Ho osservato la miseria del mio popolo. Ho udito il suo grido. Conosco le sue sofferenze”. Per questo motivo, proprio perché Dio guarda, ascolta e conosce la sofferenza dell’uomo, dice a Mosè di andare a dire ai suoi fratelli che c’è ancora speranza, che Dio rimane fedele.
A questa proposta di avventura, Mosè chiede: “Chi sono io…?”.
Quante volte ci si fa questa domanda. La risposta di Dio spiazza: “Io sarò con te”. Non è proprio la risposta diretta alla domanda di Mosè, non risolve molto il dubbio nostro e suo sull’identità, ma ci dice lo stesso una cosa importante: chiedersi “chi sono?” davanti a Dio porta a scoprire la sua presenza accanto a noi.
E questa cosa fa stupire, tanto!
Dopo la domanda su se stesso il caro Mosè, un po’ stupito pure lui della risposta che gli è stata data, vorrebbe sapere almeno il nome di questo Dio così misterioso. Qual è il nome di questo Dio che, nel bene o nel male (male?), fa stupire così tanto?
Lui – Dio – di se stesso dice solo: “Io sono”. Lui è! Quindi se “è” vuol dire che c’è. Lungi da me l’ennesima dimostrazione logico-razionale della sua esistenza. Volendo basta la vita (vissuta al centopercento) a dimostrare che “Io sono” esiste davvero e veramente.
Ma “Io sono” cosa? Per noi italianofoni c’è bisogno di qualcosa che ci aiuti ad avvicinarci meglio a questo strano nome. Manca un oggetto. Manca l’oggetto. Per eccellenza.
Seguitemi: se siamo tutti d’accordo Dio è amore. Ok? È vero che l’amore per essere in minima parte capito, ha bisogno di qualcun altro: una ragazza, un ragazzo, un fratello, un amico, una moglie, un marito, un figlio,… . Amare ha bisogno sempre di un complemento (belli i verbi transitivi!), che completi la vita di uno con la presenza dell’altro. Basterebbe solo la presenza. Basta esistere, così come si è, “compresi i difetti” per poter dire a qualcuno “ti amo”. Diffido un po’ di chi è molto generoso nel dire “ti amo” a tutti. Ma ho anche un po’ di paura di chi non riesce e non vuole mai dire neppure un “ti voglio bene”, nemmeno quando serve dirlo. Insomma un giusto mezzo: se Dio è amore, come credete che comunichi con gli altri, se non dicendo con tutto se stesso “ti amo”? Dio rimane sempre se stesso. Quindi: amore. Quindi, tornando alla questione del “sei uno – sei tre”… se l’amore serve per completare la relazione tra due persone, allora i protagonisti di tutta questa storia non possono essere solo due, ma son necessariamente tre!

Io, l’altro e ciò che ci unisce.
L’amante, l’amato, l’amore.
Il Padre, il Figlio, lo Spirito.

È così difficile da capire la Trinità?

sabato 11 giugno 2011

FIORI D'ARANCIO e STOLE ROSSE


Il post porta la data di sabato 11 giugno. Di fatto, per me che scrivo, è ancora venerdì. Tra poche ore parteciperò a due eventi abbastanza strani, oramai (ossia al giorno d’oggi) molto abbastanza rari. Un matrimonio e un’ordinazione. Entrambi prevedono una celebrazione. Entrambi chiedono un “si” che dura per sempre. Per sempre!
Il matrimonio è di una mia compagna di classe del liceo. Speravo di poter essere il primo a “sistemarmi”. Invece, con granderrima gioia, le lascio il primato. È strano però pensare che, domattina, lei e il suo lui uniranno le loro vite e inizieranno qualcosa di incredibilmente nuovo. L’amore li farà nascere di nuovo. L'amore fa sempre nascere di nuovo!
L’ordinazione è di 17 miei amici, che, finalmente, coroneranno il loro sogno diventando preti. Per questi l’emozione è ancora più forte. Perché poi, la prossima volta, toccherebbe a me…
È probabile che di questi eventi torni a scrivere.
Dopo averli compresi. Dopo averli vissuti.

Tanti auguri e.. basta! :)

lunedì 6 giugno 2011

Trillo - Se sei felice

Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini
per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa
presso il Padre vostro che è nei cieli.

Non accumulatevi tesori sulla terra,
dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano;
accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano,
e dove ladri non scassinano e non rubano.

Perché là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.





Non continuate a farvi applaudire: battetele voi 'ste mani!
Be happy!



domenica 5 giugno 2011

Trillo - Perfezioni provvisorie

Amo la radio.
Un po’ meno chi ci parla dentro.
Anche se mi fa ridere, pensare, ricordare.
Quella testa di ca-Volo..


Non ero mai riuscito a richiamare i ricordi dell’infanzia se non a pezzi slegati fra loro, come indecifrabili relitti galleggianti sulla superficie. Adesso, invece, tutto andava al suo posto in una misteriosa sincronia di immagini, suoni, odori, nomi e oggetti concreti. Tutto insieme. Il mangiadischi, il mottarello, le penne a quattro colori, Pippi Calzelunghe, le magliette Fruit of the Loom, Crocodile rock, il Corriere dei ragazzi, Rintintin, Ivanhoe, La freccia nera, E le stelle stanno a guardare con Alberto Lupo, Hit parade, Mille e una sera con la sigla dei Nomadi, Gli eroi di cartone con la sigla di Lucio Dalla, Attenti a quei due con Tony Curtis e Roger Moore, la graziella cross gialla e arancione con il sellone, il subbuteo, gli oro saiwa calati nel latte quattro alla volta, il profumo dello zucchero filato alla Fiera del Levante, i ghiaccioli che lasciavano la lingua colorata, i rotolini di liquirizia, Capitan Miki, Paperinik, Tex Willer, I Fantastici Quattro, Sandokan, Tarzan, buttare le fialette puzzolenti nei negozi e poi scappare via molto veloci, la Prinz verde che portava sfiga, Mafalda, Charlie Brown e quella ragazzina che non aveva i capelli rossi e però era vera e non si è mai accorta di me, la gomma pane, le partite a pallone con il SUPER SANTOS dopo la scuola, il club di Topolino, il flipper, il biliardino, quel bambino come noi che non ebbe il tempo di dimenticarsi tutte queste cose perché il papà ebbe un colpo di sonno mentre tornavano dalle vacanze sulla loro Fiat 124, i cappelli con i copri orecchie, il lego, il monopoli, giocare con le figurine dei calciatori, il primo canale, il secondo canale e basta, la tv dei ragazzi, la coccoina, la focaccia, il latte della centrale, la luce fioca della cucina dei nonni, i sussidiari, cartelle di plastica, astucci con le matite, odore di bambini, di merendine, di cera pongo, silenzio nel cortile dopo la ricreazione, lego e soldatini, le caramelle Rossana, filmini in superotto, diapositive, le feste di compleanno con le focaccine e i succhi di frutta, le polaroid, le figurine dei calciatori, la pista del pattinaggio a rotelle alla pineta, Carosello, la pasta al forno dai nonni la domenica. La luce che filtrava attraverso la porta socchiusa della mia cameretta, i rumori della casa sempre più attutiti e per ultimi, sempre, i passi leggeri di mia madre mentre mi addormentavo.

Le perfezioni provvisorie, G. Carofiglio


sabato 4 giugno 2011

SEMAFORO VERDE

Vi vorrei pregare di avere la pazienza verso quanto non è ancora risolto nel vostro cuore, e tentare di aver care le domande stesse come stanze serrate e libri scritti in una lingua molto straniera. Non cercate ora le risposte che non possono esservi date,
perché non le potreste vivere.
E di questo si tratta, di vivere tutto. Vivete ora le domande.


Lettere a un giovane poeta, R. M. Rilke



Anticipando l’uscita dall’autostrada a un paio di città prima della mia, mi è capitato di assistere a una scena davvero squisita.
Ero fermo a un semaforo (lungo…, lungo…, lungo… ) di quel paese quando sul marciapiede son sbucati un nonno che teneva per mano il suo nipot-ino. Bamb-ino ai primi passi.
Ritengo - ma dannatamente non riesco a ricordarla - che sia una delle esperienze più belle della vita: incominciare a camminare. Penso - mi si corregga - paragonabile al giorno in cui si impara a nuotare o, pensiero surreale, se avessimo la possibilità di volare, il giorno in cui riuscissimo a staccarci da terra. Chi non proverebbe un’euforia incontenibile il giorno in cui riuscisse in un’impresa di questa portata?
Immagino che un bamb-ino provi lo stesso, nel distaccarsi dalla gattonata che lo lega alla terra, mani e ginocchia. L’euforia di staccarsi da ciò che c’è prima, che continua a spingerti in avanti consapevole di possibili cadute e ferite, si chiama «diventare grandi».
Torniamo a quei due. Il pupo trotterellava tutto contento, tirando la mano del nonno, un po’ curvo in avanti. Ad un certo punto i due si staccano. Il primo procede, “sicuro” sulle sue zampette, il secondo si ferma e si siede sul bordo di un’aiuola (quanto è bello scrivere la parola “aiuola” e sapere che non è solo un’invenzione della maestra delle elementari, che t’insegna il suo plurale come una delle poche forme contenenti tutte le vocali, ma che esiste veramente e la si può usare!). Qualcosa deve essere successo tra i due. Il bamb-ino, dopo qualche secondo di distacco, si accorge che qualcosa non va. La sua mano sicura, il suo sostegno, il suo nonno non cammina più accanto a lui. E adesso lui – the baby – è un po’ soletto, lì, in piedi ad aspettare il suggerimento per la prossima mossa, la risposta a quella domanda che non riesce ancora ad esprimere a parole, perché le parole non le ha ancora imparate tutte.
Ehi, nonno! Su, forza! In piedi! C’è un mondo intero che voglio incontrare. Se tu te ne stai lì seduto, io come faccio a diventare come te? Devo sedermi anche io?”.
La faccia stanca del nonno sembrava chiedere pietà al piccolo, il quale, dopo aver piegato la testa di lato, quasi a disegnare un punto di domanda, si è rassegnato sedendosi accanto a lui.

Quello dietro di me, evidentemente, non aveva digerito il pranzo. Così mi son beccato un po’ di clacsonate e qualche insulto che son riuscito a decifrare dallo specchietto retrovisore.
Verde. A casa.



QUOTATION: “Una risposta è il tratto di strada che ti sei lasciato alle spalle. Solo una domanda può puntare oltre”, J. Gaarder in C'è nessuno?

venerdì 3 giugno 2011

BICICLETTA

«Andate», dici a ogni svolta del Vangelo.
Per essere con Te sulla Tua strada occorre andare,
anche quando la nostra pigrizia ci supplica di fermarci.

Tu ci hai scelto per essere in un equilibrio strano.
Un equilibrio che non può stabilirsi né tenersi
se non in un movimento,
se non in uno slancio.

Un po' come una bicicletta che non sta su senza girare,
una bicicletta che resta abbandonata contro un muro
finché qualcuno non la inforca
per farla correre veloce sulla strada.

La condizione che ci è data è un'insicurezza vertiginosa,
universale.
Non appena cominciamo a guardarla,
la nostra vita oscilla e ci sfugge.

Noi non possiamo star dritti se non per marciare e tuffarci
in uno slancio di carità.
Tutti i santi che ci son dati per modello,
o almeno molti,
sono vissuti come degli assicurati,
- una specie di Assicurazione spirituale che li garantiva
contro rischi e malattie,
che prendeva a suo carico anche i loro parti spirituali.
Essi avevano tempi ufficiali per pregare
e metodi per fare penitenza, tutto un codice di consigli
e di divieti.

Ma per noi
è in un liberalismo un poco pazzo
che gioca l’avventura della tua grazia.
Tu ti rifiuti di fornirci una carta stradale.
Il nostro cammino avviene di notte.
Ogni azione da compiere di volta in volta
si illumina come le luci dei segnali.
Spesso la sola cosa garantita è questa fatica regolare
dello stesso lavoro da fare ogni giorno,
della stessa vita da ricominciare,
degli stessi difetti da correggere,
delle stesse sciocchezze da non commettere.

Ma, al di là di questa garanzia,
tutto il resto è lasciato alla tua fantasia
che si scatena a suo piacimento con noi.

(Spiritualità della bicicletta, in Che gioia credere - M. Delbrêl)





E così, dentro tutto quello che pare renderci instabili, la vita continua a chiamarci.
Non ci resta che pedalare!
Tutto il resto è Sua fantasia.

Perché limitarla?

giovedì 2 giugno 2011

REPUBBLICA è FESTA

C'è chi festeggia sfilando.
C'è chi festeggia studiando.

C'è chi festeggia continuando a vivere insieme.

Auguri, Mamma e Papà!




QUOTATION: "Un Amore che porta a vivere per l'altro, divenendo uno, nello spazio e nel tempo" A.Fumagalli

mercoledì 1 giugno 2011

PRIMO GIUGNO

Primo Giugno 2010 – Primo giugno 2011.
Un anno e novemiladuecentoquaranta visite.
Ma quanto tempo avete da perdere?! :)
Grazie!
E tanti auguri, Diapason!