domenica 27 febbraio 2011

LIBROTUTTOGIASCRITTO

Il punto di partenza è uno di quei film in cui si ripete sempre lo stesso giorno. Elemento comune può essere una marmotta o una cicogna, poco cambia: ogni mattina, al suono della sveglia, è sempre lo stesso giorno. Non cambia nulla, tranne le cose che fa il protagonista. C'è da diventar matti. Qualcuno lo dice, in sala.
Poi passa un po' di tempo (quello vero, in questo mondo) e dopo una settimana se ne parla insieme.
Vivere bene la giornata, fino in fondo, senza perdere nessuna occasione per fare del bene. Tutte cose vere. Tutte cose buone e giuste. A un certo punto salta fuori un concetto, un po' silenzioso. Si avvicina, quatto quatto, come un animale cacciatore che punta la sua preda, il nostro discorso. Alla fine sferra il suo attacco e nei tanti pensieri che corrono liberi (cara grazia che corrono!) piomba il concetto di “destino”.
A pensarci un po', non si riesce a dire immediatamente cosa sia.
Destino-storia, destino-trama, destino-progetto, destino-vocazione, destino-provvidenza...
In molti sembrano essere d'accordo: le cose che ci succedono qualcuno, o qualcosa, le ha già decise.
E io, che sono un po' così..divertito dal discorso, voglio difendere il mio diavolo: e la libertà?
Cioè la mia libertà? Nel librotuttogiàscritto di Fatopadronedelluniverso non c'è posto per la mia libertà di dire: no, io non ci sto?
Crisi, panico.
In qualcuno partono ricordi, più o meno felici. Qualcuno percepisce emozioni dolorose. La storia del destino, se dovesse essere vera, è proprio una gran fregatura: "che ci sto a fare qui?" Se cercare e provare a trovare un senso alla vita era già difficile prima, quando il librotuttogiàscritto non c'era ancora, figurarsi adesso!
Mi pare il momento di tirare fuori il nome di un Amico. Forse può aiutare a fare chiarezza.
Non è proprio così:
Cosa c'entra adesso?” è il commento sintetico.

Faccio passare qualche ora. Cambia il giorno e ad un certo punto sento dire queste parole:
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena”.
Non so se posso dire che c'entri qualcosa con il discorso sul destino. Però, non avendo la possibilità di toccare il passato, né tanto meno il futuro, l'unica realtà tangibile sembra essere ancora una volta il presente, che una saggia tartaruga cinese mi ricorda essere un dono.
Anche in inglese. Anche in un italiano un po' datato.


QUOTATION: “La vita e la morte confluiscono in uno e non c'è né evoluzione né destino, soltanto essere.” Alberto Unapietra, in arte A.Einstein

mercoledì 23 febbraio 2011

S’È ROTTO..


Nervosamente con il pc rotto!
Raccattonando a destra e a manca tastiere e schermi!!
In attesa di (previste) infinite riparazioni!!!
Che menata..


lunedì 14 febbraio 2011

MA IO (vi) DICO



È una accordatura. Cioè una sturata a parole che tiro da solo allo specchio. In verità ce l’avevo già in testa da ieri quando leggevo, ascoltavo in radio o da altre parti, la presa di posizione e l’elogio dei diversi cortei pro donna. Il “donna day” ha chiamato nelle piazze di molte città tante donne, e anche tanti uomini, che protestavano per come la figura della donna sia intesa e sminuita da tutta una serie di vicende recenti e, in generale, da un certo tipo di cultura, che di cultura ha molto poco, se non il fatto di diffondersi in maniera diffusa grazie a mezzi di comunicazione utilizzati impropriamente (regina di queste cose è la fetida tv!).
Essendo una accordatura ho voglia di essere polemico. E quindi un tant-ino moralista. Uso questa parola, ben consapevole del suo vero significato e consapevole che, chi non ne conosce il reale senso, traviserà ogni prossima mia parola, nonostante questa premessa. Ma non importa.

Come in genere mi vengono, le accordature le faccio abbastanza schematiche, nota dopo nota, stonatura dopo stonatura. Oggi ne ho tre.

FA. Leggo una scritta (non dico dove l’ho letta né chi l’ha scritta) che dice la solidarietà con tutte quelle donne. Ritengo che sia un pensiero condiviso, comune. Gesù di Nazareth fu il primo (duemila quasi anni fa!) a dare grande valore ed importanza alla figura femminile, senza doppi sensi, senza fare proselitismo. Accogliendo ed amando le donne per quello che erano.
Mi pare che troppe voci maschili abbiano da fare un piccolo esame della loro (in)coscienza (nel senso di inconsapevolezza): quanto di tutto quel sostegno sul palcoscenico dei media poi, nella vita nascosta, cioè quella reale e coerente, si trasforma in vero rispetto per il corpo, la mente e l’anima delle donne che incontrano? Vorrei essere più esplicito, ma non posso, per molti motivi.

Oh tu, lettor,
che perdi il tuo tempo leggendo i pensieri di me matto,
la tua intelligenza ti fa intendere il mio lamento,
ma s’avessi ancor dubbi,
qui da parte un indirizzo può sfamar la tua sete di conoscenza!

SI. Oggi, dicono, festa di S. Valentino. A parte che il nome già mi sta un po’ antipatico, per via di quella particella finale, abbastanza insopportabile. Trascurando il fatto che oggi è la festa dei santi Cirillo e Metodio, dicono sia la festa degli innamorati. Facendo scorrere qualche metro di bacheca comune della piattaforma bianca e blu più famosa del pianeta, il face book (scritto staccato, perché così ha voluto il correttore automatico di Win.Word), ho trovato solo elogi alla solitudine, alla tristezza, all’accontentarsi del poco o niente che si ha. All’esaltazione del piacere, quello facile.
Diciamo che ha fatto più successo quel misero goal senza colori e quel colpo di traversa ancora tremante, che la festa degli innamorati.
Ora: sembrerà una cosa da niente. Ma io mi chiedo: come ca-volo è possibile che oggi si preferisca pensare a una squadra di calcio che si chiama “Gioventù” piuttosto che alla FESTA DEGLI INNAMORATI???
Anche io, pur non amando in particolare una donna (e sottolineo UNA, perché non si è innamorati veramente se non si premette quel numerale singolare!), mi ritengo, anzi sono, tremendamente innamorato. Quindi un po’ è anche la mia festa. E sono offeso! Tanto offeso: per tutto questo spegnimento di emozione nei confronti dell’amore come il più nobile e bello dei sentimenti e per tutto questo elogio di quelli con la maglia bianca e nera..

SOL. Terza accordatura, forse non c’entra molto con il tema d’apertura. I miei “amici” nietzschiani che di Nietzsche non sanno neppure scrivere il cognome correttamente, che spesso si riempiono la bocca di una pseudo sapienza dal sapore liquido post moderno (già chiamata in passato filosofia da esselunga alle quattro del pomeriggio), farebbero bene a leggere qualcosa del filosofo tedesco, così per non sembrare un po’ troppo saccenti nel dire agli altri “tu sei saccente”: se ho letto tutti i libri che Nietzsche ha scritto e che sono stati tradotti in italiano certo che sono saccente! Lo sembro, lo faccio e lo sono pure!

E pure me ne vanto!!

Ok, ok, ok. Mi calmo. Solo l’amore è credibile.

p.s.: la foto è una provocazione. Il titolo del post si riferisce a qualcosa che è scritto nel Vangelo di Matteo al capitolo 5 (cinque).

giovedì 10 febbraio 2011

PAROLE CHE CONTANO

Oggi son queste le parole che contano.


"Non abbandonarti alla tristezza,
non tormentarti con i tuoi pensieri.
La gioia del cuore è vita per l’uomo,
l’allegria di un uomo è lunga vita.
Distrai la tua anima, consola il tuo cuore,
tieni lontana la malinconia.
La malinconia ha rovinato molti,
da essa non si ricava nulla di buono.
Gelosia e ira accorciano i giorni,
la preoccupazione anticipa la vecchiaia.
Un cuore sereno è anche felice davanti ai cibi,
quello che mangia egli gusta."
Siracide 30, 21-25


mercoledì 9 febbraio 2011

AVANTI TUTTA!


xk vuoi diventare prete?
dopo tutta questa strada!
non ti potrai sposare
Fidanzare
Figa fai il serio

Un ragazzo di 15 anni, da poco conosciuto, mi ha scritto queste parole. Prima di pubblicarle gli ho chiesto il permesso. E lui me lo ha accordato.
Non in molti comprendono il passo che, da qui a qualche mese, dovrebbe arrivare a una scelta. A dire la verità pensavo che le incomprensioni da parte del mondo potessero essere maggiori. Parlavano di insulti sulla metro, di gente che si “toccava” in parti cosìdette “porta fortuna”, di bestemmie da parte di sconosciuti… . O sono sbadato io, oppure non ho mai incontrato nessuna di queste persone. Ho trovato invece molta curiosità. Sì, a volte qualcuno ti guarda con un po’ di insistenza. Forse non te lo aspetti tutti i giorni di trovare sulla carrozza del treno uno vestito da prete. Ma nessuno mi ha mai trattato male.
La domanda di quel ragazzo me la pongo tutti i giorni. Non c’è nulla di scontato o banale in quella domanda, perché la risposta è tutt’altro che banale e scontata. Occorre ripetersi ogni giorno quella domanda per provare ad avvicinarsi sempre di più a una risposta. È una domanda che assomiglia tanto a quel “ma chi te lo fa fare?” che tanti altri mi chiedono. In genere me lo chiedo anche io alla fine della sera. Come esame di coscienza uso un murales. Sì, sarò matto, me lo dicono in tanti (e quelli che non me lo dicono o non lo pensano o non mi “sorridono” più), ma quella scritta mi aiuta ogni sera a fare il punto della situazione.
Alla fine della sera l’importante è avere amato...” mi chiede ogni volta di guardare ad ogni occasione persa per poterlo fare, mi chiede di capire se veramente so amare, se le decisioni, le parole, i gesti che compio sono quelli giusti. Se in quella giornata ho imparato veramente ad amare guardando all’Unico che può insegnarmi a farlo sul serio. Ogni giorno tante sorprese, ma forse è anche questo che rende bella la vita.
Oggi c’è anche un’altra cosa che rende bella la mia giornata.
Si chiama Benedetta.
Benvenuta!


domenica 6 febbraio 2011

RAP FUTURISTICO




Il titolo mi pare obbligato. Un atto di carità, l’altra sera, mi ha inculcato in ogni singola cellula del mio corpo quella “canzone”. Non esce più. Nemmeno se mi sforzo. E lo sforzo è condiviso da tante persone. Perché quando quella canzone ti entra nelle orecchie, come un invisibile serpente, si aggroviglia attorno al tuo cervello, nella scatola cranica, affonda le sue spire giù fin nella gola, per fartela canticchiare in ogni angolo del mondo e per poi morderti allo stomaco. E poi dallo stomaco può prendere due direzioni. In entrambi i casi l’istinto non gli vorrebbe far fare una bella fine. Tant’è: anche nel caso in cui si riesce ad espellerla - la canzone - perché ad alcuni fa vomitare, ad altri fa qualcos’altro, non ce ne si può liberare tanto facilmente. Il serpente, infatti fa presto le uova e ogni cm della nostra esistenza è condannata a ridicoli contorcimenti corporei e a qualche rima, che senza dubbio “è meglio di prima” [ecco, gli effetti ancora presenti in me!], ma che globalmente non hanno alcun senso sensato.
Poche le cure. Forse un esorcismo. O forse qualche ricordo.
Sì: la scrittura di qualche ricordo di questi giorni dovrebbe pacificarmi un po’ le orecchie.

Allora parto da ieri pomeriggio. Un pomeriggio direi alquanto buio. Totalmente buio. O no? Immagino, scrivendo, di trovarmi di fronte le facce di chi era con me sabato pomeriggio. Se fossimo ancora là, non riuscireste neppure a leggere queste parole. Potremmo soltanto…dialogare. Entrando in questo mondo tuttobuio, mi è venuto in mente che, se diapason può voler dire “attraverso tutte le note”, dialogo potrebbe voler dire anche “attraverso le parole, attraverso i discorsi, attraverso i suoni, attraverso il senso, attraverso il mondo”, a seconda del significato si voglia dare alla parola logos (e ogni buon grecista sa quanti significati può assumere quella parola!). Al buio il mondo è davvero un’altra cosa. Scontato, banale direte voi. No, non lo è per niente. Se per un’ora e un quarto si può “giocare” a vivere in un mondo tutto buio, immagino come deve essere la vita di chi non vede realmente nessun colore, nessuna luce.
Lo immagino in questa settimana in cui tutto sembrava parlare dell’importanza della luce. La festa della presentazione, la candelora, l’ultimo post tutto sulla luce e su chi ne ha paura. Sabato pomeriggio mi sono fatto guidare da una persona che sa vedere la luce anche dove la luce manca. La sa vedere nei suoni, la sa vedere nei profumi, la sa vedere nel tono della voce delle persone che incontra, sapendone indicare anche l’altezza. La sa vedere anche nel nome proprio di una persona. Direi che la mia guida, cieca, mi ha insegnato che la luce la si può trovare nel mondo così come è creato. Nella vita, in quanto tale. Ogni giorno.
Uscendo da quel percorso, Ari ci consigliava di tenere un po’ socchiusi gli occhi perché forse la luce avrebbe potuto darci fastidio. Avremmo potuto soffrire un po’ di fotofobia, di paura della luce.
Tornando a casa, spalancando gli occhi, ringraziavo il cielo per il dono dei miei occhi. Occhi aperti per catturare ogni immagine, ogni suono, ogni volto, sapendo che nulla mi è dato per merito mio. Grazie Ari.

Oggi, invece, la situazione era totalmente ribaltata: dal nero al bianco. Bianco come il latte? No! Bianco come la neve di una gita spassosissima con centonovanta personc-ine, che hanno voluto semplicemente stare insieme. Un paio di spaventi belli grossi, un elicottero tutto giallo che rapiva uno dei bimbi a noi affidati, un cagnolone color miele.
E poi una bimba che voleva vedere il colore della mia macchina. Io, come tutti gli altri, sono venuto in pullman, ma la convinzione di un bambino è davvero qualcosa di irresistibilmente indistruttibile.
Ho girato quasi un’ora per tutti i parcheggi della zona, tirato da lei, che ad ognuna delle millemilioni di macchine parcheggiate mi chiedeva:
È questa la tua? Di che colore è? Possiamo provarla?
No, non è questa la mia e non possiamo provarla?
Perché?
Perché non è nostra
Perché?

Perché?
Rap futuristico: A, B
… perché?
Già, bella domanda!


QUOTATION: "Le mie rime la gente le mima, dopo tutto sono meglio di prima.." F.Fibra, Tranne te.
(mi chiedo come fossero le rime..prima)


mercoledì 2 febbraio 2011

FOTOFOBIA


Possiamo perdonare un bambino
quando ha paura del buio.
La vera tragedia della vita
è quando un uomo ha paura della luce.
Platone



Oggi è la festa della Presentazione del Signore al Tempio.
I nonni mi insegnano che la si può chiamare anche "candelora". Molto volgare (nel senso meno volgare del termine) e forse un po' meno liturgico, ma richiama subito la presenza, in questa festa, delle candele. E le candele, prima di tutto, servono a far luce. Qualcuna può fare anche profumo, ma questa è un'altra storia.

Leggo, dando un'occhiata alla prima pagina del giornale del partito, un breve pensiero mattut-ino. Parla di luce, ma anche di buio. Anzi, parla della paura della luce. La foto-fobia.
Mi ha colpito quella citazione di Platone, perché fisicamente parlando anche i miei occhi "soffrono" un po' di questa paura-fastidio. È un problema di occhi: ci vuole un sacco di tempo al mattino ad abituarsi alla luce seppur graduale delle lampade a basso consumo che ho sulla specchiera del mio bagno e gli starnuti, per la luce del sole, mi tormentano fino allo stordimento.
Eppure il bisogno di luce è grande.
Lo si è capito un mesetto fa, a Natale, quando la vita vera, quella di Dio, ha deciso di fare i conti con le nostre vite.
E così è nato Gesù.
Lo si è capito quando le tante luci e lucette presenti sulle vetrine dei negozi e nelle strade delle città ci hanno fatto sentire un po’ estranei alla gioia di una festa che si fa fatica a capire e a vivere. “Non sento più lo spirito del Natale” si diceva. Cioè non si riusciva a vedere la luce che viene nel mondo.
Che fare? Un mese è passato. Eppure la Buona Parola richiama ancora questo bisogno vitale di stare nella luce.
L’articolo che leggo cita Kafka che su Gesù Cristo dice: “Lui è un abisso di luce. Bisogna chiudere gli occhi per non precipitare”. Occhi chiusi, pare suggerire.
Occhi chiusi per non precipitare, per non cadere, per non andare a sbattere, per non rischiare (perché no?, anche per non rischiare di farsi un po’ di male), per non di-staccarsi da un prima, per non andare verso un dopo, verso un futuro che attrae a una vita un po’ diversa.
Occhi chiusi per non vedere quello che succede in casa nostra, nella casa del nostro vicino, nella vita di chi ci sta accanto, di chi viaggia con noi sul metro, di chi incontriamo per strada.
Occhi chiusi per non scandalizzarci più di niente, né del fango che cade dall’alto sulle nostre testol-ine, né della vita buttata in grandi(piccoli) fratelli, né del fatto che il giorno di Natale qualche ragazzo invece di lasagne e oca arrosto ha pranzato con i funghi allucinogeni.
Occhi chiusi per farci andare bene tutto, qualsiasi cosa, perché così è più facile poi evadere da un’esistenza lavoroperseigiornimanelsettimovogliosballare.

Io sono la luce del mondo”.
Occhi chiusi per paura.
Paura della luce. Foto-fobia.