giovedì 23 settembre 2010

CICALEGGIO



C’era una volta Formica. La sua storia è nota. C’era anche Cicala. Anche la sua storia è nota. Questa cantava; quella lavorava. La prima in silenzio, senza mostrare la sua grande laboriosità e fatica. La seconda la fatica non sapeva neppure cosa fosse. Alla fine, si sa, l’appariscente canterina ha un bisogno vitale dell’umile e nascosta stacanovista.
Delle tre versioni (Esopo, Fedro, La Fontaine) mi piace ricordare quella del cantastorie latino. Liceali di tutto il mondo, chi di voi non ha mai tradotto questa versione? Chi di voi non ha incontrato almeno una volta il celebre finale: “Antea canebas, nunc salta!”?
Mi piace però pensare anche a un finale diverso. Sì, perché forse, l’onesta Formica avrebbe potuto ripensare a queste sue parole, guardando con un po’ di rimorso, dallo spioncino della sua porta, la “bella” Cicala camminare a testa bassa verso il rigoroso inverno, con sicuri passi incontro a una lenta e terribile fine. Possibile che tutto quel lavoro così meticoloso, quella fatica così silenziosa, quell’umiltà, che non è mai umiliazione, ma il capire e saper rimanere con i piedi per terra, non gli abbia insegnato il sentimento della compassione?
La Formica che ho in testa io non ci pensa due volte e non fa ripetere l’appello della sua coscienza: apre immediatamente la porta di casa sua e invita con un sorriso la Cicala a condividere le cose belle di casa sua. Un posto caldo, una chiacchierata, la compagnia piacevole: una casa. Perché l'umiltà insegna ad amare meglio.

Spesso ci si ritrova a vivere in luoghi in cui tutto sembra andare bene, tutto è al suo posto, tutto funziona. Se ci si chiede il perché, non si ha una risposta. Se ci si domanda: ma chi ha fatto tutto ciò? nessuno alza la mano per dire: “è merito mio!”. Altre volte non ce lo si chiede neppure: si vive del silenzioso e umile lavoro di qualcun altro, della preziosa (oserei dire santa) fatica di piccole “formiche”. Mentre noi cantiamo e balliamo, la Formica lavora e, alla fine, di questa Formica, abbiamo tutti un estremo bisogno!
Che bello sarebbe poter fare a queste persone straordinarie un regalo: un sorriso, un saluto, un “grazie”.

Se hai avuto la pazienza e la voglia (e il tempo da perdere) di leggere fino a qua, caro lettore, cacciatore di note nel mondo che amiamo, ti vorrei invitare a pensare a quante Formiche aiutano la tua vita e la rendono una piacevole armonia: può essere la mamma, la nonna, una bidella, una “signora delle pulizie”, un amico, un compagno di scuola o collega di lavoro… .
Cerca qualcuna di queste persone e ringraziala, con un sorriso. Ringraziala per il bene che, senza che tu te ne accorga, fa per te ogni giorno.
Dire “grazie” inorgoglisce i superbi, ma fa felici gli umili.
Musica!


QUOTATION: "Senza cielo non si può vivere. Solo con il cielo la terra diventa giardino. Altrimenti resta fango." vescovo Giancarlo

1 commento:

  1. “ E gli altri nove dove sono? ” Si chiedeva Qualcuno.
    Ci si accorge dell’importante esistenza delle minuscole formiche solo quando smettono di lavorare nel nostro giardino. Gli insetti infestanti aumentano, gli avanzi di cibo rimangono a terra per giorni, le briciole non trovano più utilità e marciscono al sole. I pochi che casualmente se ne accorgono, non se ne preoccupano, perché tanto ne torneranno di nuove prima o poi. E’ sempre stato così.
    La prossima primavera ritorneranno, è lo scopo della loro esistenza, perché ringraziarle?
    Continuiamo a cantare, sereni. Un giorno, forse, penseremo anche a loro se non le vedremo più arrivare.
    McicalaX

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