domenica 20 novembre 2011

FELICI E CONTENTI

Primo articolo della Costituzione italiana: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione".
L'Italia è dunque una repubblica e a decidere come devono andare le cose dovrebbe essere il popolo, l'insieme cioè di tutti i cittadini italiani. 
Ci sono poi alcune nazioni, che non sono governate da una repubblica. In alcuni stati, anche vicini a noi, vige da tanti anni una monarchia, dove il potere è più o meno esercitato da un monarca, cioè da un re.
Quando noi "repubblicani" pensiamo ad un re, ce lo possiamo immaginare all'interno del suo palazzo, circondato da tante persone che lo servono e lo riconoscono come il capo assoluto. 
Conosciamo i re delle favole, quelli che permettono di finire la storia "tutti felici e contenti". 
Guardando la tv, qualcuno si sarà anche emozionato quando il futuro re di Inghilterra si è sposato con la sua principessa. E ci capita di sentire sempre tanti pettegolezzi sulla vita dei re di questa terra. 
A volte, qualche re diventa pazzo, e invece di governare con saggezza il suo popolo, si trasforma in un tiranno e obbliga i suoi sudditi a vivere nella paura e nella povertà, spesso in situazioni di guerra, quasi sempre senza libertà. 
Oggi, noi cristiani, celebriamo la Solennità di Gesù Cristo, Re dell'Universo. 
Anche per il nostro re si fa una grande festa. 
Ma a chi facciamo festa oggi? A un re vanitoso? A un re dittatore? A un re come quello delle favole? Che tipo di re è Gesù?
Le letture che abbiamo ascoltato ci aiutano a capirlo un po’. Il profeta Ezechiele, in una delle sue particolari profezie, parla a nome del Signore e ci racconta come Dio stesso si comporta con il suo popolo: un Dio che ha cura di tutti gli uomini, come un pastore ha cura di tutte le sue pecore, le conosce una ad una, le cerca personalmente. Un Dio che di mestiere fa il pastore, che si dà un sacco da fare per le sue pecore perché le ama, con tutto se stesso e non fa mancare loro mai nulla. Un pastore così premuroso ogni pecora (se capisse) lo vorrebbe avere! Un pastore che non è solo un uomo buono, ma è Dio stesso che si fa uomo e si fa pastore, mettendosi al servizio della nostra vita. Così che, anche se “per mezzo di un uomo venne la morte”, e anche se ci sono un’infinità di motivi che non ci fanno percepire la bontà e la bellezza della vita, e della vita come figli di Dio, siamo certi, nella fede, che “per mezzo di un uomo” tutti riceveranno la vita. 
Come si fa, allora, ad accogliere questa vita, la vita di Dio, che ci viene regalata, come un pastore regala la sua vita per le pecore? 
Come si fa ad accorgersi che la vita eterna inizia adesso, qui, sulla terra, ora, in questo preciso istante? Come si fa a chiamare “Re dell’Universo” un uomo, che ha per trono la croce della sua condanna a morte? 
Il Vangelo, come sempre, è più chiaro di ogni parola umana e di ogni tentativo di spiegazione. 
Quando il Signore Gesù verrà, e siederà sul trono della sua gloria dirà a tutti gli uomini: 
Ho avuto fame”: ad alcuni dirà: “voi mi avete dato da mangiare”; ad altri dirà: “voi no!”.
Ho avuto sete”: ad alcuni dirà: “voi mi avete dato da bere”; ad altri dirà: “voi no!”.
Ero straniero”: ad alcuni dirà: “voi mi avete accolto, in casa vostra, come vostro fratello”; ad altri dirà: “voi no, mi avete cacciato via, come si caccia via un animale pericoloso, che fa paura”. 
Ero nudo”: ad alcuni dirà: “voi mi avete vestito, non con abiti che altri hanno scartato, non con vestiti vecchi, rotti, che a voi non servivano più, ma con gli abiti più belli che avevate”; ad altri dirà invece: “voi no, vi siete accontentati di darmi quello che vi avanzava”.
Ero malato”: ad alcuni dirà: “voi mi avete visitato e con la vostra presenza avete reso più leggero il tempo della mia malattia”; ad altri dirà: “voi no, eravate così preoccupati delle vostre faccende, da non accorgervi neanche che ero malato!”.
Ero in carcere”: ad alcuni dirà: “grazie, perché siete venuti a trovarmi e nonostante i miei errori e i miei sbagli, continuate ad avere fiducia in me”; ad altri dirà “voi no, perché non avete creduto in me e i miei errori e i miei sbagli sono diventati l’unica cosa che vede di me!”.
Allora gli uni e gli altri chiederanno, stupiti o preoccupati: “Ma Signore, quando mai è successo tutto ciò? Quando sei stato affamato, assettato, straniero, nudo, malato, in carcere...?”.
Oggi, come allora, la risposta sembra essere ancora la stessa.


Fermandoci bene a riflettere, forse, il Vangelo è ancora capace di farci diventare un po’ più buoni, un po’ più umani, un po’ più figli, un po’ più fratelli. 
Ecco il nostro Re: un re che ci dona la vita perché possiamo gustare la bontà della sua vita e la bellezza di essere fratelli tra di noi e figli di un unico Padre. 
Solo così, da figli e fratelli, potremo allora dire di vivere per sempre "felici e contenti!". 

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