domenica 21 novembre 2010

OLTRE LO SPETTACOLO LA VITA

Ci sono più modi di assistere a uno spettacolo.
C’è lo spettacolo desiderato. Possiamo desiderare da tanto tempo di partecipare a una rappresentazione teatrale, a un concerto, all’uscita in sala dell’ultimo episodio di quella saga. Il nostro assistere è pieno di trepidazione, ci si prepara per tempo: non vediamo l’ora che finisca la giornata per andare a casa, cenare velocemente, metterci d’accordo con l’amico o l’amica che ci accompagnerà e partire veloci verso il luogo del nostro appuntamento. Pur essendo spettatori, ci sentiamo tremendamente protagonisti di quella serata.
C’è lo spettacolo proposto da altri. Non si conosce più di tanto quello che si andrà a vedere, chi si andrà ad ascoltare. Il nostro atteggiamento può essere curioso o meno. C’è comunque un po’ di interesse, una curiosità. Senza grande entusiasmo, ma almeno c’è qualcosa di diverso da fare.
C’è poi lo spettacolo obbligato. È la partecipazione di chi è obbligato ad accompagnare qualcuno. È noioso farlo. Si diventa nervosi se non si trova il posteggio per l’auto (“ma chi me lo ha fatto fare..?”), la coda alla biglietteria aumenta l’arrabbiatura, il tizio dietro la nostra poltrona continua a sbattere la gamba contro il nostro schienale.. Era meglio fare altro, sicuramente!
Una condanna a morte nell’antichità (ma purtroppo anche ai nostri giorni) era uno spettacolo, uno show, qualcosa da mostrare, da andare a vedere. Quel giorno fuori dalle mura della grande città di Gerusalemme bisognava fare in fretta. C’erano tre esecuzioni, ma anche la festa di Pasqua da celebrare e quei tre farabutti andavano sistemati velocemente.
Gli spettatori a questa terribile scena appartengono un po’ alle tre tipologie.
Ci sono i protagonisti, gli accusatori, i capi, le guardie, coloro che hanno voluto far fuori Gesù. Sono tremendamente convinti di avere ragione: questo Gesù di Nazareth, oltre ad essere un gran bestemmiatore (si era definito “Figlio di Dio”) era anche un imbroglione, un incantatore: ha salvato tanti perché non dovrebbe salvare se stesso?
Se è il Figlio di Dio.. Mi risuonano nella mente le stesse provocazioni che il tentatore, il Diavolo, rivolge a Gesù nel deserto: se sei Figlio di Dio… . A questi, diavolo compreso, non basta la parola di Gesù. Non bastano i segni che ha compiuto. Hanno in mente un’idea di Dio, un’idea di Messia, un idea di fede. Non sono certo disposti a cambiarla, nemmeno di fronte a un innocente che è messo a morte.
Ci sono i curiosi. C’è il popolo che “stava a vedere”, incuriosito, sì, ma anche un po’ intimorito. Di questi nessuno parla. Molti lo avevano accolto qualche giorno prima, sventolando palme e ulivi, cantando: “Osanna al figlio di David!”. Quell’accoglienza era un’accoglienza da re. Ma ora, quel re, stava facendo una brutta fine. Che delusione! Ma quale re? Forse avevano ragione i capi, forse avevano ragione i potenti, le guardie romane, i sapienti del tempo: “Uno così non può essere re!”.
Ci sono poi gli obbligati: i due ladroni. Quello a destra e quello a sinistra di Gesù. Uno dei due è arrabbiato. Arrabbiato con se stesso e con la sua vita, che sta drammaticamente volgendo al termine. Arrabbiato con chi lo ha condannato, con chi lo ha crocefisso. Arrabbiato anche con Gesù, nonostante da colpevole condivida con Lui la stessa sorte, lo stesso dolore. Il dolore suscita anche rabbia, che può essere riversata contro Dio. Ma Dio sceglie di provare lo stesso dolore di ogni uomo. E questo, l’altro ladrone, quello “buono”, lo capisce. “Gesù, ricordati di me”. Solo quattro parole. Non una pretesa, ma una richiesta sincera che parte dal cuore di un uomo che ha capito il suo errore, si è pentito e crede davvero che il Nazareno sia quel figlio di David che in tanti, a parole, avevano acclamato. Gesù ha ancora una parola di vita per quel ladrone beato. “Oggi stesso sarai con me”. Gesù ha sempre una parola di vita anche per tutti noi.
Non per magia, non per forza o violenza Lui è re. Ma perché, donandoci la vita, ci insegna l’amore vero.


NoiBrugherio, sabato 20 novembre 2010

1 commento:

  1. "Cristo di S.Giovanni della croce", Salvador Dalì, 1951.
    :-)

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