venerdì 22 aprile 2011

LA PIETÀ


-Vi prego fate piano
A togliere quei chiodi,
Siano amorosi i gesti,
Siano gentili i modi,
Distrutta io l’aspetto
Ai piedi della croce
Per stringermelo al petto
Fargli un’ultima volta
Sentire la mia voce-.

E calano il suo corpo
Servendosi di scale:
-Fate piano, vi prego,
Non fategli del male! -;
Lo depongono a terra
Avvolto dentro a un telo,
La pioggia lava il sangue,
Sempre più scuro il cielo.

-Figlio mio, figlio mio!
Che cosa ti hanno fatto?
Io piango il tuo pallore,
Il tuo sangue scarlatto,
Che ancora intiepidisce
Le tue livide braccia,
Io piango il tuo bel viso,
Il piango la tua faccia.

Figlio mio, figlio mio,
Ma come t’han ridotto?
Ecco c’è qui tua madre
A piangerti qua sotto,
Io piango le tue spalle,
Io piango il tuo torace,
Come t’hanno ridotto
Io non so darmi pace.

Io rendo grazie al sole
Che per te si è oscurato,
Al cielo per quel suo
Spaventoso boato,
Alla terra divelta
In due dai terremoti,
Al vento che impetuoso
Rese i sepolcri vuoti.

Tu non vedrai mai più
Il sorgere del sole,
Io ricordo i tuoi giochi
Le tue prime parole,
Io piango le tue mani,
Io piango la tua guancia,
E ricordo di quando
Io ti tenevo in pancia.

Tu non vedrai mai più
La notte con le stelle,
Io piango i tuoi ginocchi
E le tue forme snelle;
Io piango il tuo respiro
Che ti è venuto meno,
E ricordo di quando
Io ti nutrivo al seno.

Non ti faran più ombra
I tralci della vita,
Io piango le tue labbra
Le tue braccia ferite,
E adesso che ti attende
La polvere del suolo
Ricordo la tua culla
E tuoi riccioli d’oro.

Non sentirai mai più
Il profumo dei fiori,
Io piango i tuoi begli occhi
Io piango i tuoi pallori,
E adesso che ti attende
La notte senza aurora
Ricordo i tuoi accenti,
La tua prima parola.

Tu non vedrai mai più
La luna dietro il monte,
Io piango i tuoi capelli
Io piango la tua fronte,
Ed ora che ti attende
La terra con i sassi
Ricordo il tuo girello
Ed i tuoi primi passi.

Tu non vedrai mai più
Le lucciole di notte,
Io piango il tuo bel corpo
Offeso dalle botte,
Ed ora che s’appressa
L’ultimo tuo tramonto,
Ti ricordo fanciullo
Che mi correvi incontro.

Tu non vedrai mai più
Il lago blu increspato,
Il piango le tue gambe
Il piango il tuo costato,
E adesso che ti attende
Il regno di Plutone
Rivedo te rincorrere
Nel vento il tuo aquilone.

Non sentirai mai più
Il vento tra gli ulivi,
Io piango il figlio mio
Che non è più tra i vivi,
E adesso che ti attende
Il buio sepolcrale
Ricordo le carezze
Per farti addormentare.

Per te vedrò ogni sera
Il sole giù calare,
Come vorrei di nuovo
Nel grembo te portare;
Io attenderò ogni notte
Per te la rosea aurora…,
Figlio, sei tu che io
Partorirei ancora - .



F. FIORISTA, I Vangeli in versi e in rima, Ancora 2002.

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