giovedì 26 maggio 2011

Trillo - I prefer

Non è tempo di dormire,
perché il Paradiso non è fatto pei poltroni!
Filippo Neri


Parole sante, don Fili' !!



lunedì 23 maggio 2011

Trillo


Vede per primo colui che è amato,
poiché l’occhio dell’amore riesce sempre a vedere in maniera più acuta,
e sempre colui che è amato ha una sensibilità più perspicace.

Discorsi”, di Pietro Crisologo

Si. Sono d'accordo.

lunedì 16 maggio 2011

BELLE VITE

Mi fermo ora, in questo splendido e teologico dopocena, a leggere un po’ di posta elettronica. Parecchi messaggi, che continuano la semplicità, la vicinanza, il sorriso un po’ commosso dei tanti volti che hanno accompagnato i fine settimana di quest’ultimo anno. Qualcuno una volta mi aveva detto che le parole so usarle meglio se le scrivo. Allora, data l’abbondante figuraccia fatta ieri sera (forse perché ero troppo concentrato a gestire le emozioni), provo a “scrivere” il mio grazie.
Ho cercato qualche amico scrittore che potesse aiutarmi nel farlo, suggerendomi magari qualche frase ad hoc, ma poi, come sempre, è stata la vita a suggerirmi le parole giuste, le parole che si accordano con i pensieri e i sentimenti di questo momento.
In tutta sincerità, sento dentro di me due cose: stupore e gratitudine.
Lo stupore per i tanti “grazie” che mi sono stati detti, sussurrati, abbracciati, scambiati con uno sguardo o con una stretta di mano. Non so il perché di questi ringraziamenti: quel che ho dato – e non è retorica – è di gran lunga molto meno di quello che ho ricevuto. Ho cercato in questi mesi di essere me stesso (qualcuno, qui, potrebbe spaventarsi!), mostrando, per quanto mi è stato possibile farlo, che la vita è molto più semplice di quanto uno può immaginarsi. Nonostante tutto. Sì: nonostante tutto! Nonostante tutte le fatiche, i problemi, i dolori, le incongruenze di caratteri, di tradizioni, di abitudini. Nonostante le storie, nonostante il passato che ogni persona ha sulle spalle e il futuro che scorge con fatica all’orizzonte. L’unico regalo che Dio continua a farci è l’attimo che si vive, il presente. Troppo prezioso per essere sprecato. Troppo importante per non essere vissuto abbastanza!
La gratitudine. L’amore per le parole porta a chiedermi se ci siano più modi di dire grazie. Dire “grazie”, “ringraziare”, può assumere, allora, l’aspetto della riconoscenza. “Riconoscere”, infatti, vuol dire avere la possibilità non solo di conoscere, ma anche di poterlo fare nuovamente, più volte e in maniera nuova. Come se avessimo bisogno di portare alla mente le persone che già conosciamo, per ripassare i tratti del loro viso, per ripassare i loro nomi (quanti nomi da imparare!), per ricordare il bene che soltanto con il loro esistere ci hanno fatto. Per volergli più bene. Per continuare ad amarli.
Potrei qui fare un elenco di nomi, ma ne dimenticherei sicuramente qualcuno.

Chiedo allora a Dio, che Gesù ci insegna a chiamare Padre, di custodire tutti questi nomi, questi volti, queste belle vite, sul palmo della sua mano, perché ogni giorno sperimentino la gioia vera di sentire pronunciati i loro nomi dall’Unico che li conosce, in maniera vera, tutti!

Buona vita!



venerdì 13 maggio 2011

PAUSA…

...lettura.
Continua, lentamente, la scalata verso il 63° esame. E continua pure la lettura dell’autore del mese aprilemaggio, Volo.

Intrinsecamente, semi di verità son dispersi qua e là in tutto lo spazio e il tempo di questo universo, così amorevolmente creato parecchi anni fa. Così capita di imbattersi anche in pagine interessanti. Pagine reali, meglio, realistiche, che ti fanno pensare che alla fine siam tutti sulla stessa barca. E, se la barca sta affondando, è il caso di darsi da fare per aiutare a salvare il maggior numero di vite. Nonostante tutto.
Lo scopo di questo blog è condividere un po’ di cose che mi fanno bene, nella speranza che lo possano fare anche a chi legge.
Allora condivido. Chissà se è reato…

Una sera, quando ero piccolo, mi ricordo che con la mia famiglia e quella di Nicola siamo andati al luna-park. Prima di ritornare a casa siamo andati in una bancarella di pesci rossi, quelle dove devi tirare le palline nei vasetti, e se fai centro vinci un pesce.
Volevo assolutamente un pesce rosso.
Si poteva scegliere: o lo compravi o provavi a vincerlo. Mio padre mi disse: «lo compriamo?». Io risposi di no e decisi di giocare. La ragazza incassò i soldi e mi portò dieci palline colorate. Le mise in un cestino come quello che aveva mia sorella sulla bici Graziella e mi disse: «Buona fortuna».
Dieci tiri, avevo dieci tiri, dieci possibilità. Al quinto tiro non ce l’avevo ancora fatta, guardai nel cestino e quell’effetto scenico delle palline colorate era decisamente meno appariscente. Tirai la sesta, niente. Settima, macché. Ottava nemmeno a sparargli. Nona fuori di poco, decima e ultima bordo, bordo, bordo, fuori. Tutta la delusione del mondo. Non ce l’ho fatta. Niente da fare, le palline rimbalzavano sui bordi dei vasetti e poi cadevano fuori. Accidenti.
Ho capito poi con gli anni di chi era stata la colpa. Cazzo... non si dice buona fortuna. E lei lo sapeva, la sinta lo sapeva: era una imprenditrice e con il suo «buona fortuna» statisticamente dava via meno pesciolini.
Nemmeno Nicola ci riuscì.
Alla fine comunque suo padre glielo comprò, allungò un bel cinquemila e prese uno stupendo superpesce rosso al mio amico. Mio padre mi disse di no. In macchina mentre tornavamo a casa, Nicola seduto sul sedile dietro con me, si guardava il suo pesciolino e io lo invidiavo. Mentre mi ripetevo dentro: «non è giusto, non è giusto, non è giusto» lui sembrava felice il doppio. Nicola godeva per il suo pesce e per il mio non-pesce.
Oggi che sono un ometto mi chiedo se mio padre – che quel giorno ho odiato con tutte le mie forze – abbia fatto bene oppure no.
Si può anche perdere. Lo avevo imparato. Credo sia sicuramente un caso se adesso Nicola è cocainomane.
Quella sera nelle mie preghiere chiesi a Dio perché avevo un padre così crudele e non uno come quello di Nicola. Mi ricordo per esempio che a scuola avevo dei compagni che mi dicevano: «Se mi promuovono mio padre mi compra la bicicletta. Se vengo promosso mio padre mi compra il motorino. Se sarò promosso mio padre mi comprerà un cane».
Io tornavo a casa e dicevo a mio padre: «Se mi promuovono cosa mi regali?».
E lui: «Se ti promuovono hai solamente fatto il tuo dovere. Niente di più».
Quelle sere nelle mie preghiere...
Poi magari un giorno così, senza motivo, senza una particolare occasione o ricorrenza, tornava a casa con una bicicletta nuova per me e mi diceva: «Regalo!».
Quelle sere nelle mie preghiere chiedevo a Dio di essere un bravo bambino e di non fare arrabbiare il mio papà che era speciale.
Con mio padre adesso ho un rapporto di una bellezza quasi commovente. Se ripenso alle nostre discussioni di quando ero adolescente... ora mi è tutto più chiaro, eravamo differenti e lo siamo ancora. Ma nessuno dei due ha più la necessità o la voglia di avere per forza ragione.
Le discussioni più divertenti erano quelle sul fatto che non volevo pagare le multe. Pur sapendo che le avrei pagate comunque di più, dopo, non riuscivo a fare diversamente. Era una specie di mania: dovevo ribellarmi. Mi sentivo un po’ il Braveheart del codice della strada. Come Mel Gibson avrei portato in piazza la rivoluzione, piuttosto che pagare un divieto di sosta.
L’altra discussione che ormai era praticamente un rituale nasceva nel periodo natalizio. Mio padre mi ripeteva tutti gli anni la stessa frase: «Vai a messa almeno a Natale».
F. Volo, Esco a fare due passi

Questa storiella mi ha fatto venire in mente, chissà perché, quella scalmanata di mia cug-ina, Martina Vivacebamb-ina, e la fiaba, tormentante fiaba, che negli ultimi tempi riempie pure le mie notti di incubi (anche stanotte!, ma almeno per oggi un motivo serio c’era!).
La fiaba è quella di Cappuccetto Rosso.
Se capita a qualcuno di cercarla sull’Enciclopedia Libera (più che libera direi gratuita, connessione a parte!) si scopre che la bamb-ina che porta il nome del suo cappott-ino rossoscarlatto, era tra le tante cose, anche cannibale.
Sic!
La storia – dice il wik-compilatore - è incentrata sull’antitesi bene e male, villaggio e foresta, uomo e lupo, gente buona e gente cattiva, paura degli sconosciuti, dei diversi, evita chi non è come te, quello con la pelle colorata e non bianca, chi prega sul tappeto e chi dondolandosi contro un muro… ecc, ecc, ecc… .
Giudizio conclusivo: “un’antitesi tipicamente medievale.
Medievale???
Ok. Con i dovuti accorgimenti, ci può stare. Accorgendoci che “l’uomo buono” a volte sembra più “cattivo” (etimologicamente: “prigioniero”) del Lupo nero e che il villaggio è spesso più pericoloso del pacifico e silenzioso bosco. A conti fatti è un po’ come se vivessimo in un’età di mezzo, un Medio Evo. L’ennesima età di mezzo. L’ennesimo Medio Evo.
Sognando un Rinascimento. L’ennesimo Rinascimento.
Trovando versioni diverse del racconto, non mi preoccupo più di tanto nell’aver sempre pensato che Red LittleCap fosse entrata su indicazione stessa della mamma nel bosco, con la sana raccomandazione, poi, di non fermarsi a parlare con nessuno. Pare invece, secondo altre fonti, che la cara mamm-ina avesse esplicitamente ordinato di non entrare in quella foresta (ovvio: in tutte le fiabe il bosco è abitato dal Lupo! Quanto non è babba quella bamb-ina?! Pure io però…!).
Eppure succede. Eppure RLCap entra in quel benedetto bosco e, trasgressione delle trasgressioni, si ferma a parlare con quel lupacchiotto (che poi banchetterà con nonnetta in calzamaglia e dentiera e nipot-ina disubbidiente).
La libertà di quella bamb-ina era stata messa in guardia dal comando della madre, preoccupata unicamente del bene di sua figlia, ma ha avuto bisogno di trasgredire una regola, di essere, almeno una volta, un po’ ribelle, di sentirsi “assolutamente” (cioè “sciolta”) "auto-noma "(cioè “con regole proprie”). Quella ribellione, che in realtà è ingenuità, le è costata cara, le è costata la vita.
E la vita, fiabescamente, l’ha persa sul serio.

Se finisse così mi pare davvero triste. Per fortuna c’è il cacciatore che ammazza il lupo (la frase non è né politicamente né ecologicamente corretta, ma la storia è questa e non la si può cambiare!): la nonna recupera la sua dentiera, si mangia la focaccia preparata dalla figlia, ringrazia e rimanda a casa la nipota, un po’ cresciuta, un po’ più matura, forse meno ingenua, perché ha capito che la vera ribellione è accettare e stare nel bene che riceve e che vive. Grata alla madre per le sue raccomandazioni e felice di essere ancora in vita.
Fine della storia.
Medioevo, Rinascimento.


Morale della favola:
Non fare il bullo, se non sei capace.
Ascolta tua madre: se ti rompe è perché ti vuole bene. Succede anche quando ti dice: “portati un maglione”, tu lo lasci a casa e poi hai freddo!
Puoi fare tutto quello che vuoi di testa tua, ma la vita funziona in un certo modo e provare ad evaderla non serve a niente. Restaci dentro!
Se vedi che tua nonna assomiglia più a un cane che.. a tua nonna e non ti fai delle domande, allora hai qualche problema!
Amen.


domenica 8 maggio 2011

È COSÌ, SENZA CONDIZIONI!

“Sono amato perché sono il bambino della mamma.
Sono amato perché sono indifeso.
Sono amato perché sono bello e bravo.
Sono amato perché la mamma ha bisogno di me.
Per metterla in una formula generale:
sono amato per ciò che sono
oppure, più precisamente,
perché sono. […]
Non c’è niente che debba fare per essere amato
– l’amore materno è incondizionato.”
!

E. Fromm - L'arte di amare



Grazie, mamma!



QUOTATION:
smsJ.:“..Comunque io la conosco una donna molto bella, che non tradisce..
smsAndrea: “È la mamma, ovvio! Sempre la mamma!

martedì 3 maggio 2011

PRIMI PASSI


Lanciare qualche nota in aria, sfruttando quelle diavolerie che la tecnologia di giorno in giorno inventa, permette di raccogliere consensi. Oh… non sia mai che i consensi ricadano su di me o sulle scelte soggettive ed opinabili dei miei gusti musicali, ultimamente stagionali ed emozionali!
Il consenso va a Lei, alla Musica, l’arte che tutti i cuori sa unire perché capace di far vibrare le corde di ogni cuore umano. Ogni cuore. Anche quel cuore che per l’imprevedibilità della vita, subisce la morte di alcune sue cellule. Cellule morte. Cuore affaticato da un affanno umano, troppo umano, che si dimentica di cercare le rondini in cielo. Che si dimentica di fare i conti con il Cielo. Un cuore, che solo quelle note (insieme con la vera amicizia, che “è una musica che fa sorridere la vita”), legate tra loro da una nonsoquale alchimia, riescono a far riposare.
La lezione era chiara: “Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso”.

E allora da te, Musa di tutti gli uomini, mi faccio consigliare…




lunedì 2 maggio 2011

FAME


Fame..


Uno degli spettacoli più divertenti ai quali mi capita di assistere è il vedere i bambini mangiare. Specialmente quando hanno tanta, tanta fame.

Uno degli spettacoli più commoventi è vedere come quegli stessi bambini, soltanto un po' cresciuti, continuino ad aver fame.
Di pane, di felicità, di vita.