venerdì 28 settembre 2012

MA CHI SEI?

Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: "Chi sono io secondo la gente?". Essi risposero: "Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto". Allora domandò: "Ma voi chi dite che io sia?". Pietro, prendendo la parola, rispose: "Il Cristo di Dio". Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno. "Il Figlio dell'uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno". 
Lc 9, 18-22

Non importa tanto quello che la gente dice, quello che si dice genericamente di Gesù perché genericamente siamo cristiani. Alla generica domanda: "chi è Gesù?" le risposte possono essere davvero tante: alcune significative, altre ancora un po' banali. Troppo banali. 
A Gesù non interessa quello che dice la gente, altrimenti non avrebbe usato quel "ma", che di solito nel Vangelo dice il capovolgimento di logica (il mondo ragiona in un modo, "ma" il Vangelo ci insegna a pensare e a vivere in un altro). E' il "ma" evangelico. Quel "ma" oggi ci invita a dare noi una risposta, una risposta che valga per quanto viviamo, per la nostra vita, per la nostra fede. Ci mette con le spalle al muro. Forse ci imbarazza un po' se non sappiamo dire chi sia Gesù per noi e usiamo risposte di altri. Se è così è il caso di pensarci, perché Gesù con noi non scherza: per noi soffrirà, per noi verrà umiliato, per noi ucciso. E per noi anche risorge e ci dona una vita nuova. 
Ma questa è un'altra storia. Per oggi basta pensare a quella risposta, perché è ora di darla a Gesù:
"Ma tu chi pensi che sia Gesù?". 

mercoledì 26 settembre 2012

POCA ROBA

Egli allora chiamò a sé i Dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demòni e di curare le malattie. E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Disse loro: "Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno. In qualunque casa entriate, là rimanete e di là poi riprendete il cammino. Quanto a coloro che non vi accolgono, nell'uscire dalla loro città, scuotete la polvere dai vostri piedi, a testimonianza contro di essi". Allora essi partirono e giravano di villaggio in villaggio, annunziando dovunque la buona novella e operando guarigioni.  
Lc 9, 1-6
                                                                                                                            
Poche regole, semplici ed efficaci, per una missione importantissima: annunciare il regno di Dio e guarire gli infermi. Ciò che è concesso di fare ai Dodici arriva da Gesù, che chiama a sé quei discepoli così speciali da poter essere inviati con un compito così grande. Questi dodici uomini imperfetti, pieni di difetti e di debolezze, sono comunque scelti da Gesù per operare grandi cose. Annunciano di casa in casa la buona novella, cioè tutte quelle parole buone che spiegano al mondo la logica di Dio, la logica dell'amore vero, un amore così forte da poter guarire numerose malattie. Il tutto ricoperto da uno strato abbondante di semplicità, l'unica vera ricchezza che fa di un cristiano un uomo felice. 

martedì 25 settembre 2012

TRA IL DIRE E IL FARE, IN MEZZO, NON C'E' NULLA

Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fu annunziato: "Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti". Ma egli rispose: "Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica". 
Lc 8, 19-21

La risposta che Gesù dà ai discepoli, che lo stanno avvisando dell'arrivo dei suoi parenti, ci spiazza perché è una risposta molto dura. Ci lascia un po' storditi un modo di rispondere così, quasi che a lui non importi nulla di sua madre e dei familiari più stretti. Ma quando Gesù risponde in maniera così diretta e così forte è perché ci vuole colpire con il senso della sua risposta. C'è molta durezza nelle sue parole -è vero- ma in questo modo ci sta invitando a prendere ancora più sul serio la risposta stessa. 
Essere parenti di Gesù, cioè trovarsi molto vicini a Lui, è la condizione soltanto di chi ascolta la Parola di Dio e la mette in pratica. Non è sufficiente solo sentirla letta da qualcuno e nemmeno leggerla e basta: occorre ascoltarla, cioè lasciare che entri dentro alle nostre giornate, che ci provochi, a volte ci ferisca. Come una risposta dura, che ci colpisce e può scandalizzarci. Ben vengano risposte così da parte di Gesù, che possano svegliare la nostra abitudine e la nostra testardaggine. E dopo l'ascolto c'è il mettere in pratica, che è quell'ascolto, quella conversione quotidiana di cui abbiamo bisogno trasformata in vita vera, quella che spendiamo nel mondo, al lavoro, a scuola, tra gli amici, tra chi amiamo o chi non sopportiamo. Sempre. 

Per Gesù, tra il dire e il fare non ci deve essere nulla in mezzo. 

lunedì 24 settembre 2012

OMBRE E LUCI

Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce. Non c'è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce. Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere. 
Lc 8, 16-18

Che cos'è quella lampada di cui parla Gesù? Cosa rappresenta quella luce di cui ci sta parlando oggi? Quello che il Vangelo ci propone in questi tre versetti è una sorta di richiamo. Cosa copriamo invece di rendere visibile? Cosa nascondiamo invece di manifestare? Che cosa teniamo in segreto invece di far conoscere? Non è forse il nostro rapporto con Lui, la nostra relazione tra noi e quello che chiamiamo "il Signore della nostra vita"? Non è forse quell'amicizia piena di fiducia tra noi e Dio che è la fede? Nessuno -seguendo il paragone proposto da Gesù- dovrebbe avere una fede coperta, nascosta. Nessuno con la sua fede dovrebbe fare ombra. Nessuno dovrebbe essere invisibile se pone la sua  fiducia in Dio. Come non essere luminosi, come non essere di esempio, come non riuscire a portare un po' di luce laddove nel mondo la luce sembra mancare, se la nostra fede parte da Dio e a Lui ci riporta? E' come se Gesù ci stia mettendo in guardia da un grosso pericolo: il pericolo dell'ombra. C'è troppa ombra nella fede di molti cristiani. E il problema, come succede spesso a scuola, parte da una disattenzione, un problema di ascolto: "fate attenzione a come ascoltate". Una fede che non si alimenta con l'ascolto è una fede che, a poco a poco, perde di luminosità, diventa buia, piena di ombre. A volte, c'è anche il rischio di non vedere più niente e di lasciare stare Dio. "Tanto non sento niente!". Un'amicizia senza ascolto dell'amico prima o poi finisce. Come con la fede: senza ascolto della Parola di Gesù, prima o poi, passa. Un cristiano vero lo si nota quando la sua vita parla di luce, quando riflette luce e la gente, incontrandolo, nota qualcosa di diverso, una differenza. Ma se questa differenza non c'è perché non la vogliamo imparare da Lui, non c'è niente da fare: a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere e ogni tentativo di far luce sarà soltanto un modo come un altro per provare ad abbagliare gli altri.
Luce artificiale: non funziona! 

domenica 23 settembre 2012

E NESSUNO DICE NIENTE

Il Vangelo di oggi parlava di come Gesù abbia voluto spiegare ai suoi discepoli la logica del servizio. Per farlo ha preso un bambino e lo ha messo in mezzo. Poi lo ha abbracciato e ha detto: "chi accoglie uno di questi piccoli nel mio nome accoglie me". 

Nel mondo, anzi no, in Siria, dal 2011 fino ad oggi sono stati uccisi 1.822 bambini dalla pazzia di una guerra di cui nessuno sembra occuparsi. 
Meglio le beghe, le solite tristi e vergognose beghe italiane: imbroglioni, evasori, storie di traffici loschi, politica immischiata con cose poco oneste, qualche donn-ina poco vestita (che fa sempre scena), etc., etc., ... 


milleottocentoventidue bambini.
E nessuno dice niente. 



venerdì 21 settembre 2012

IN PIEDI!

Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: "Seguimi". Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: "Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?". Gesù li udì e disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori". 
Mt 9, 9-13


A Gesù non sembra interessare molto di ciò che c'è nel passato di quest'uomo che vede e subito chiama a seguirlo. Non giudica Matteo perché è un pubblicano o perché fa parte di una categoria sociale molto poco onesta. Coglie anzi l'occasione per cambiare la vita di Matteo. Gesù fa così: ti incontra e se decidi di lasciarti incontrare da lui, hai la vita cambiata, guarita! 
Ecco allora che la metafora del medico che non cura i sani, ma i malati, non solo fa tacere gli uominiperbene di quel tempo (e anche del nostro), ma toglie ogni scusa o paura a chiunque voglia finalmente migliorare la sua vita, a chi vuole riempire vuoti incolmabili, a chi vuole guarire ferite che sanguinano da tempo dentro l'anima. Gesù la vita la guarisce, la migliora, la cambia, la trasforma dal di dentro. Occorre una piccola dose di coraggio, che oggi, in Matteo, capiamo essere anche forza nelle gambe. Chi vuole cambiare la sua vita e seguire veramente Gesù deve alzarsi. 

Forza, in piedi! 

giovedì 20 settembre 2012

CHE VERGOGNA: E' AMORE!

Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.  A quella vista il fariseo che l'aveva invitato pensò tra sé. "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice". Gesù allora gli disse: "Simone, ho una cosa da dirti". Ed egli: "Maestro, dì pure". "Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?". Simone rispose: "Suppongo quello a cui ha condonato di più". Gli disse Gesù: "Hai giudicato bene". E volgendosi verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco". Poi disse a lei: "Ti sono perdonati i tuoi peccati". Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: "Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?". Ma egli disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata; và in pace!". 


Lc 7, 36-50

Due tipi di persone molto diverse hanno a che fare oggi con Gesù: un uomoperbene e una peccatrice, una prostituta. Una pocodibuono. Il testo è già molto chiaro. Ad ogni tentativo di spiegarlo sembra quasi di rovinare ciò che vuole dirci. Bisogna farsi leggere da un episodio del genere e, come spesso il Vangelo chiede di fare, scegliere da che parte stare. C'è la parte di Simone: conosce Gesù, lo ascolta volentieri, lo invita a casa sua a mangiare, ha una certa famigliarità con lui. Sono molto amici, si danno del "tu". Ma a Simone manca qualcosa, manca forse un po' di quel coraggio che gli permetta di fare un salto di qualità nel suo rapporto con il maestro di Nazareth. C'è la parte della donna: non parla, non conosce Gesù così bene come Simone, lo avrà ascoltato tante volte, ma non si sente degna di rivolgergli nemmeno una parola.
Compie un gesto scandaloso. Compie un gesto scandaloso. Meglio ripeterlo (così ci si rende conto tutti): compie un gesto SCANDALOSO! Tocca, bagna, asciuga, bacia i piedi di un uomo. Questo gesto balza subito all'occhio del padrone di casa, ma dovrebbe essere più evidente a noi, uomini di un tempo in cui la ricerca dello scandalo sembra il pane quotidiano per molti. Ci nutriamo di scandali. Molto spesso cerchiamo con ansia lo scandalo, solo per il gusto di prendercela con qualcuno, solo per dare la colpa a qualcuno che non siamo noi, per non vedere molti nostri difetti e notare, così, quelli del poveretto che ci capita sotto mano. E molto spesso, lo scandalo, lo si crea a tavolino per rovinare quel poveretto.
Se questa scena fosse accaduta oggi, Gesù avrebbe potuto tornare a casa sua e dichiarare la sua missione finita. Game over. Invece, poiché il messaggio contiene una forza tutta sua, che va al di là dell'ottusità di certe teste ben (o mal) pensanti, Gesù oggi vuole proprio scandalizzarci così, vuole scuotere la nostra pigra e buonista coscienza. Vuole, ancora una volta, insegnarci ad amare. 
Chiara la paraboletta dei due indebitati. Chiaro il suo duplice insegnamento. 
Il primo: più ami (sul serio!) e più ti sarà perdonato. 
Il secondo: non pretendere che qualcuno ti ami, se non sei disposto ad amare (e quindi a perdonare) il tuo vicino così com'è, "difetti compresi". Uno impara ad amare quando si sente amato. 


"Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?"
E' Gesù, l'unico che ti insegna ad amare. 


mercoledì 19 settembre 2012

MAI CONTENTI

"A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione, a chi sono simili? Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto! 
È venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell'uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. 
Ma alla Sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli". 

La domanda è stata fatta quasi duemila anni fa. Ma pare attualissima. A chi paragonare gli uomini di questa generazione? Gente insoddisfatta, mai contenta di quello che ha o non ha. Alla ricerca sempre di un di più che non si riesce mai ad avere. Ma cosa manca? Che cos'è che manca agli uomini e alle donne di questo terzo millennio pre-occupati da mattina a sera in mille faccende, in mille impegni, in mille svaghi ed evasioni, ma mai, mai, mai contenti? Perché non si riesce a "ballare" quando qualcuno "suona il flauto per noi"? Perché non "piangere" se ci viene "cantato un lamento"?
Più che una risposta, forse, sarebbe bene incominciare a porsi la domanda: che cosa manca alla nostra vita per farci stare, finalmente, un po' sereni? 



martedì 18 settembre 2012

COSI' TANTO VICINO

In seguito si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: "Non piangere!". E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: "Ragazzo, dico a te, alzati!". Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: "Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo". La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione. 
Lc  7,11-17


Gesù si mette accanto a questa donna e prova compassione per il suo dolore, un dolore immenso, la perdita dell'unico figlio, dopo quella del marito. Gesù prova dolore, forse si mette a piangere, si commuove, perché a questa donna la morte ha portato via tutto ciò che dava senso alla sua vita, tutti gli affetti: l'amore che la faceva vivere. Ma non si ferma qui, non si avvicina solamente all'umanità ferita della vedova, non piange soltanto per il suo lutto. Perché Gesù non è soltanto uomo: è e rimane il Figlio di Dio, il Figlio del Dio della vita. Ecco allora, nel miracolo, rivelata la potenza di Dio, che si avvicina con compassione alle ferite dell'uomo e le guarisce ridonando vita. 
A noi, forse, non sono concessi miracoli così grandi, ma la presenza, la presenza compassionevole e affettuosa del Dio della vita, può guarire veramente dall'interno le ferite dell'anima e quel dolore per ciò che perdiamo o per quanto non riusciamo ad avere. La presenza del Dio della vita che cammina accanto a noi nelle prove e nel dolore dona quella consolazione della quale tutti, a diversa intensità, abbiamo bisogno. 

lunedì 17 settembre 2012

AMICI PER LA PELLE

Quando ebbe terminato di rivolgere tutte queste parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafarnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l'aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro giunti da Gesù lo pregavano con insistenza: "Egli merita che tu gli faccia questa grazia, dicevano, perché ama il nostro popolo, ed è stato lui a costruirci la sinagoga". Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: "Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito.  Anch'io infatti sono uomo sottoposto a un'autorità, e ho sotto di me dei soldati; e dico all'uno: Và ed egli va, e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fà questo, ed egli lo fa". All'udire questo Gesù restò ammirato e rivolgendosi alla folla che lo seguiva disse: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!". E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito. 
Lc 7,1-10

Tutta questa vicenda si svolge grazie all'intervento di tante persone: amici, conoscenti, forse parenti, che si mettono a disposizione per aiutare quest'uomo, che sembra proprio essere un uomo giusto. C'è la disponibilità dell'amicizia, dell'amicizia gratuita, che non si limita ad esserci quando le cose vanno bene, ma che rimane, che sta lì dove l'amico soffre, si mette a disposizione, si impegna. Prega!
Gli amici di quest'uomo pregano Gesù e quanta tenerezza c'è in quella richiesta: "Egli merita che tu gli faccia quest grazia..!".
Come potrebbero migliorare le nostre amicizie se prendessimo l'abitudine di pregare per i nostri amici, cioè di sussurrare con delicatezza il loro nome all'orecchio di Dio! 

venerdì 14 settembre 2012

CROCE

"Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorchè il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. 
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.".
Gv 3,13-17

Ecco il desiderio di Dio: che nessuno dei suoi figli, nessuno degli uomini che sono nel mondo, vada perduto, ma chiunque crede in lui abbia quella vita che non finisce mai, che solo lui può dare. Non si tratta di premio o condanna, si tratta di scegliere. Scegliere un Dio che si fa crocifiggere, un Dio che all'inizio appare come un perdente, forse, non è sempre facile. Eppure ci viene chiesto di seguire proprio questo Dio che dona il suo Figlio per tutti gli altri figli, sacrifica se stesso perché noi possiamo essere salvati dalla sua stessa fine. Oggi viene esaltata la Santa Croce di Gesù, non perché ai cristiani piace diffondere un messaggio di odio o di morte. La croce, nonostante ciò che una parte del mondo sostiene, non dice nient'altro che amore: dice coraggio, dice dono, dice gratuità, dice abbandono, dice fiducia, dice fede. Esaltiamo questo Dio che si fa crocifiggere per amore, perché solo abbracciando e lasciandoci abbracciare dalla croce di Gesù potremo vedere e vivere quell'amore che non ha mai fine. 

giovedì 13 settembre 2012

TUTTO AL CONTRARIO

Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gl'ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio". 
Lc 6, 27-38

Poche righe di vangelo che valgono per mille. C'è il programma di una rivoluzione, che cambierà la storia per sempre: la rivoluzione dell'Amore con la "A" maiuscola. Un modo di stare al mondo tutto nuovo, rivoluzionario appunto. Uno stile di vita che fa sorridere oppure innervosire: perché se ti tirano uno schiaffo, voglio vedere se ti viene da star lì a prenderne un altro. Sembra tutto impossibile. Eppure...che pace a leggere questi consigli di vita, che leggerezza sapere che la gratuità è uno tra i significati più belli della parola "amore", che sicurezza sapere di non essere noi i "giudici" di noi stessi e nemmeno degli altri. Sollevati dalla responsabilità del giudizio siamo chiamati a vivere con uno stile/amore disposto a perderci per gli altri. Tutto al contrario rispetto all'economia e alla finanza di questo mondo. Nella vita -quella vera- si guadagna solo perdendo qualcosa di noi stessi e delle nostre fragili sicurezze umane. Il futuro semplice con il quale Gesù si rivolge ai suoi ascoltatori (quindi oggi a me, a te, a tutti) rivela la promessa di un guadagno che non passa, non soggetto a crisi o a speculazioni. Una buona misura, pigiata perché trabocca; una ricompensa che va al di là di ogni nostra aspettativa e che dipende tutta da noi: la misura con la quale misuriamo.

Più amiamo oggi più saremo amati in eterno.
Che belle cose!

mercoledì 12 settembre 2012

PROMESSE DI CIELO

Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: "Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete. Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti. 
Lc 6,20-26

Poveri e ricchi; affamati e sazi; piangenti e ridenti; odiati e stimati. Ci possiamo essere dentro anche noi, tutti i giorni. Gesù sembra voler condannare a tutti i costi gli uni salvando gli altri. Ma non si tratta di una vera condanna a priori o un rendere legittimo e "normale" lo stato di vita di chi è un po' più sfortunato su questa terra. L'attenzione è tutta rivolta al futuro, a quel regno dei cieli di cui Gesù è il vero annunciatore. Siamo fatti per il cielo -ci ricorda il Signore- e tutto ciò che viviamo su questa terra deve essere indirizzato a quella vita eterna che continuamente desideriamo e che un giorno, finalmente, otterremo. E nel frattempo ci viene suggerito l'atteggiamento dell'umiltà (cioè il rimanere con i piedi per terra) che ci permette di continuare ad avere speranza, nonostante dolori, fatiche o persecuzioni perché ce lo promette niente meno che il Figlio di Dio.

Sono promesse fatte dal cielo.
Sicuramente verranno mantenute.

martedì 11 settembre 2012

CHE FORZA!


In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore. 
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti. 
Lc 6,12-19

Esce da Gesù questa forza unica, particolare, solo sua. E' una forza che attira il cuore e la vita di milioni di persone da duemila anni. Una forza unica, semplice, umile, non violenta. Una forza che scandalizza i sapienti (o sapientoni) di ogni tempo; una forza che suscita disprezzo in chi fa della violenza e dell'ingiustizia l'arma per schiacciare gli altri. Una forza che è la forza dell'amore: irresistibile, incondizionata, infinita. La forza con cui Gesù guarisce, parla, consola, incontra, chiama per nome, è il tema del vangelo di oggi. Uomini come tanti che vengono chiamati per nome con una forza tutta particolare per fare cose nuove, cose grandi. Gesù, passando la notte a pregare Dio, riceve dal Padre la forza di rendere apostoli i suoi discepoli, annunciatori della Verità del Regno di Dio questi suoi amici che condividono con lui la vita di tutti i giorni. 
Quale desiderio più grande, nelle giornate che ci vengono donate, del cercare la forza con la quale Gesù ci chiama per nome, di cercare la sua voce che ci chiama per nome!? Quanto è bello sentirsi chiamati per nome con affetto da qualcuno!
Fermarsi un istante e capire che Dio vuole sussurrare il nostro nome ogni giorno guarisce da un'infinità di mali. 

lunedì 10 settembre 2012

METTERSI IN MEZZO

Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C'era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo. Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all'uomo che aveva la mano paralizzata: "Alzati e mettiti qui in mezzo!". Si alzò e si mise in mezzo. 
Poi Gesù disse loro: "Domando a voi: in giorno di sabato è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?". E guardandoli tutti intorno, disse all'uomo: "Tendi la tua mano!". Egli lo fece e la sua mano fu guarita. Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù. 
Lc 6,6-11

Chissà quali sentimenti sono presenti nel cuore di quegli uomini -scribi e farisei- sempre pronti a cercare  il minimo cedimento da parte di Gesù. Non riesco ad immaginare che vita avessero questi uomini, sempre in tensione, sempre attenti a non sbagliare mai nulla, a non avere mai una frangia fuori posto. Mi chiedo quale rapporto potessero avere con Dio, quale rapporto con gli altri, quale rapporto con se stessi. Una vita, forse, con poca misericordia, con uno sguardo pre-impostato sulla realtà. Uno sguardo incapace di vedere dove il bene e dove il male. Uno sguardo incapace di vedere una vita in difficoltà. 
I protagonisti del vangelo di oggi hanno una caratteristica molto particolare: si mettono tutti in mezzo. Scribi e farisei si mettono in mezzo alla vita dell'uomo paralizzato, perché vogliono incastrare Gesù e impedirgli di guarirlo in giorno di sabato. L'ennesimo innocente che ci rimetterebbe per l'ingiustizia umana. Anche Gesù si mette in mezzo alla vita di quest'uomo, in modo diverso, ovviamente: coglie l'occasione per fare del bene a lui (guarendogli la mano) e dando una possibilità ai farisei di cambiare idea e di guardare con il cuore a questa situazione. E poi c'è lui, l'uomo con la mano destra paralizzata.  Mi ha sempre colpito la vicenda di quest'uomo chiamato a mettersi in mezzo alla sinagoga, davanti a tanta gente, a mostrare a tutti la sua infermità, il suo handicap, per essere guarito dalle parole vere del Rabbì di Nazaret. Ci vuole coraggio per mettersi in mezzo nel modo giusto. Ci vuole coraggio -il coraggio della Verità- per sfidare il modo comune di pensare, per sfidare le abitudini, la freddezza che si percepisce a volte nel cuore di certi uomini, la menzogna di chi vuole togliere la speranza a chi continua ad averla. Ci vuole il coraggio della fede, quella fiducia tutta umana nei confronti di Dio, che non percepiamo se il nostro rapporto con il Signore rimane solo qualcosa di detto e di non vissuto. 
Solo chi ha il coraggio di mettere Dio in mezzo alla sua vita riesce a guarire da ciò che lo blocca e lo paralizza e a diventare, nonostante tutto, davvero uomo.