sabato 12 aprile 2014

SULL'ASSURDA SCHIENA DI UN SOMARO

Ho sempre amato questa settimana. Una settimana santa, cioè sacra, vera, autentica, capace di farmi fare davvero silenzio, capace di farmi vivere la solitudine senza la paura di sentirmi solo, anche se tutto ciò che sono chiamato a vivere in questi giorni santi sarà un lento avvicinarmi alla solitudine più grande, quella della morte del Figlio di Dio, immagine cruda e terribile della morte di ogni figlio di Dio che muore, soprattutto del figlio innocente.
Ho iniziato questa nuova e autentica settimana questa sera, portandomi avanti sulla storia, buttando l'occhio quasi sul finale del racconto. Mi sono letto - diciamo - i capitoli finali del dramma, quelli che descrivono la parte più interessante, più cruenta, ma anche più emozionante. Fino a quando, su tutta questa storia, qualcuno ha deciso di metterci una pietra sopra 
"ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, 
sigillando la pietra e mettendovi la guardia"

scrive Matteo, nell'ultima riga del suo racconto della Passione di Gesù. 
L'incredulità umana ha bisogno di assicurare il silenzio e la morte del Figlio di Dio; necessita che una pietra sigilli e nasconda per sempre Gesù, la sua storia, le sue parole, il suo messaggio; ha interesse affinché nessuno parli più di ciò che
"quell'impostore disse mentre era vivo: dopo tre giorni risorgerò".

Oggi tutto ciò sembra assurdo: sembra assurdo pensare che Gesù, il figlio di Davide, accolto tra rami d'albero sventolati a festa, possa essere considerato un impostore da crocifiggere:
"ogni giorno stavo nel tempio seduto ad insegnare, e non mi avete arrestato"

Un impostore, la cui vita vale meno di quella di un brigante, o forse vale allo stesso modo di quella di quel Barabba, anch'egli figlio dell'Abbà presentato sempre come buono e misericordioso, eppure tante volte sentito così lontano dalla vita dei suoi figli. Sembra assurdo pensare che, dopo una morte così violenta, il silenzio della tomba piena verrà sostituito dal silenzio di un sepolcro vuoto. 
Sembra assurdo assistere e voler partecipare alla storia di un uomo incredibile, che chiede soltanto di essere creduto. Un uomo che ha cambiato e condizionato il corso di tutta la storia dell'umanità. Un uomo che per entrare da re nella sua città ha chiesto soltanto la schiena di un somaro. 
Assurdo un re così? 
Assurdo un uomo così? 
Assurda questa autentica settimana? 

giovedì 6 marzo 2014

DEDICHE


Che belle le dediche dei libri! 
Contengono tutti i segreti di uno scrittore nella forma di un accenno che può essere reso pubblico. Non di più, non di meno di un accenno. 
La fantasia vola di fronte a certi "a…" e si vorrebbe chiedere, indagare, sapere perché quel racconto è stato donato e dedicato a quella particolare persona, situazione, esperienza. 
La curiosità, molto spesso, si fa villana e l'essenzialità di una pagina bianca con appena tre o quattro righe di scritto la educa alla vera semplicità, che è umile e non pretende, mai, ma gode di poco e trasforma quel poco nella forza per iniziare a vivere una nuova avventura. 

"Perché le persone scrivono racconti?"
"Perché le persone leggono racconti?"



CASSETTO VUOTO

L'aggiornamento di questo blog è mostruosamente saltuario. Anzi, praticamente, quasi inesistente. In questa prima notte quaresimale, però, ho voglia di scrivere. Poche cose. Spero buone.

Questa mattina ho detto arrivederci a un collegaprof che se ne va. L'ho incrociato diverse volte in corridoio, quasi a ogni cambio d'ora, e più si avvicinava l'ultima campanella, più in lui cresceva l'emozione. Si è trovato di fronte a una bella e non facile scelta, che lascio riservata, perché è giusto così. Da mesi tento di farlo ragionare sulla bellezza di trovarsi di fronte al suo bivio, ma capisco tutta la sua agitazione: scegliere chiede di rinunciare e questa volta per lui la rinuncia è stata abbastanza grande.
Ore 13.10, fine della quinta ora. Inizia il dramma: svuotare il cassetto.
Ho assistito a questa scena quasi con la sua stessa commozione, ricordando le tante scatole riempite (e non ancora tutte svuotate) in questi ultimi anni di vita qua e là. Svuotare il cassetto in aula prof penso sia qualcosa di simile ai miei mille traslochi, nell'emozione, nei ricordi, nel pensare "questo non mi serve più" oppure "questo lo tengo, non si sa mai".
Scendendo le scale prima di uscire, ho avuto il coraggio di confidargli un'idea incosciente che mi è venuta e di cui, normalmente, mi vergogno un sacco. Succede spesso così: se le corde del cuore vibrano per un attimo sulle stesse frequenze d'onda, si è disposti a condividere anche le idee e i sogni più folli che ci abitano la testa e il cuore.

Basta ho già scritto troppo.
Buona fortuna, amico e collega. Rimani lo stesso perché sei forte così!


"Prof, quando ho saputo che l'avrei avuta ancora per tre anni mi sono messa a piangere. 
Ora che se ne va piango più di prima"
(Alunnachepiange, 2a LC)