domenica 17 aprile 2011

CHE DIRE?

Non che sia molto difficile, al giorno d’oggi, rimanere senza parole; però di fronte a un Dio così, è facile restare a bocca aperta, con quelle quattro certezze che abbiamo scardinate dal suo agire, dal suo modo di parlare, di comportarsi, di comunicare alle folle. Lo abbiamo sentito parlare tante volte Gesù: racconti semplici, parabole, metafore, immagini. Tante immagini: pastori e pecorelle, pescatori e pesci da pescare, semi piantati, tesori ritrovati, re che partono per terre lontane…. Sembra quasi di stare dentro una favola. Infatti qualcuno, qualche tempo fa, deve averlo detto: «i cristiani credono nelle favole». Ma non so se è veramente così. Possiamo dire che Gesù è un cantastorie, un giullare, un inventa-favole? O che le sue parabole sono tutte fantasie inventate per tentare di spiegare un Dio inconoscibile? Provate voi a dare risposta. Sinceramente, in questa parte finale della Quaresima, mi basta (ancora una volta) guardare a Lui, in silenzio, per vedere ed ascoltare, quindi capire, quello che fa. Il lungo Vangelo di questa domenica è preceduto dal racconto del suo ingresso a Gerusalemme. Già oggi entrare a Gerusalemme suscita emozioni fortissime: quelle mura così ricche di storia, le sue vie, la sua gente, con i mille problemi dei suoi abitanti. Figurarsi a quel tempo, in cui tutto era al massimo del suo splendore, nonostante la dominazione romana!
In questa Domenica delle Palme, nella gioia tipica dei bimbi che cantano, mi piacerebbe notare due cose dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme: il mezzo di trasporto e la destinazione.
Il mezzo di trasporto. Che Gesù fosse un tipo fuori dagli schemi del tempo era evidente: guariva di sabato, non digiunava secondo i buoni costumi religiosi, riferiva ogni passo della Legge e dei Profeti alla sua persona e alla sua missione…. Era un tipo speciale e la gente, forse, si aspettava effetti speciali. Proprio come noi: da Gesù, che è il Figlio di Dio, ci aspettiamo effetti speciali. E come rimaniamo delusi, se non ci accontenta come vorremmo, se «non si fa sentire», se non si manifesta in maniera certa e incontrovertibile.
Delusi noi e delusi anche i suoi contemporanei! A noi è dato di incontrarlo in mille e più modi, tutti però non molto chiassosi: nella lettura e meditazione della sua Parola, nell’offerta della sua vita (tutta intera!) dell’Eucaristia, nelle parole e nella vita di chi annuncia il suo Vangelo, nel volto e nella sofferenza dei piccoli e dei poveri. Ai suoi amici gerosolimitani Gesù si è presentato su un’asina, sull’animale più umile e umiliato di tutti i tempi. L’animale che è diventato la metafora del lavoro pesante, del lavoro meccanico, delle persone poco intelligenti, delle persone imbrogliate, degli ingenui, dei «piccoli». Di quell’animale «il Signore ne ha bisogno». Di chi si sente sfruttato, umiliato, escluso, ferito, sofferente, imbrogliato, usato dai prepotenti di questo mondo: «il Signore ne ha bisogno»!
Chissà quante volte il Signore ha bisogno di «asini» come noi!?
La destinazione. Gerusalemme, la città santa. Città da sempre sognata, da ogni popolo e nazione, sempre contesa tra mille lotte e guerre, dal giorno della sua fondazione fino ai giorni nostri. Tutti gli anni, secondo l’usanza ebraica, era necessario recarsi al tempio, per la Pasqua, per la Pentecoste, per la festa delle Capanne. Quella Pasqua però si stava caricando di significati nuovi: l’ingresso sull’asina, i bambini che cantavano, la gente per strada che sventolava rami di palme e di ulivi gettando i mantelli per strada. Quell’uomo proveniente dalla Galilea aveva qualcosa di importante da fare. Sembrava un re! Ma questo non a tutti piaceva. Non piaceva ai capi del popolo, per paura di una vendetta da parte dei Romani, e non sarebbe piaciuto neppure ai Romani stessi. Tutti avevano paura di un possibile nuovo re. Anche noi ne avremmo. Avremmo paura di un re che ci imponesse le sue leggi, che ci impedisse di vivere come vogliamo, di non riconoscerlo come nostro sovrano, di poterlo criticare, di poterlo addirittura eliminare fisicamente…
Leggendo un po’ oltre questo brano di Matteo, con un po’ di curiosità e di anticipo rispetto ai giorni della settimana più autentica di tutto l’anno, si capisce che le nostre paure sarebbero infondate: la meta di questo «Re dei Giudei» sarà un trono di legno, fatto di assi e chiodi; gli onori a lui destinati saranno sputi, percosse e colpi di flagello; il suo potere sugli uomini sarà quello di insegnare ad amare (in modo vero) nella maniera più alta e bella che potesse mai mostrarci: donando la sua vita. Ecco cosa ci va a fare Gesù a Gerusalemme, per morire in croce, per insegnarci ad amare.
Ogni anno si ripete questo miracolo, il miracolo dell’amore insegnato attraverso l’esempio della vita donata. Ci serve ripeterlo ogni anno, come un memoriale, per non dimenticarci «come si fa» a dare la vita, «come si fa» ad amare sul serio, senza perderci in liquide definizioni che non trovano poi un pratico riscontro. Perché si sa: siamo preparati in molte cose, ma sulle cose importanti, spesso, siamo un po’ asinelli!

NoiBrugherio, sabato 16 aprile 2011

2 commenti:

  1. "A noi è dato di incontrarlo in mille e più modi, tutti però non molto chiassosi. nella lettura e meditazione della sua Parola, nell’offerta della sua vita (tutta intera!) dell’Eucaristia, nelle parole e nella vita di chi annuncia il suo Vangelo, nel volto e nella sofferenza dei piccoli e dei poveri."
    ....ecco perchè secondo me possiamo dire di non "credere nelle favole", no? :)
    però è vero che a volte chissà perchè ci si aspettano i fuochi d'artificio..?!
    Ti lascio una citazione dai miei esercizi spirituali sulla quale sto ancora riflettendo molto: "VAGLIATE OGNI COSA E TENETE CIO' CHE E' BUONO"
    .."ogni cosa", non "solo gli effetti speciali".
    buona settimana santa Andre!!

    ........................chagall!!! :)

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  2. Grazie. Buona Settimana Autentica anche a te!
    Chagall.. e Köder!

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