venerdì 8 aprile 2011

È PIÙ FACILE AL BAR

Non è una cronaca. Non è nemmeno un commento. O un articolo di giornale.
Sono più che altro pensieri sparsi che ho da alcuni giorni sulla vicenda e che vorrei fissare.
Questa, la vicenda, oramai la conoscono quasi tutti, perché è stata parecchio pubblicizzata, con tanta enfasi e, forse, con un tono leggermente inconsapevole.
Per farla breve: un numero imprecisato di ragazzi (il minimalista dice “dieci”, il massimalista dice “più di quaranta”, il sobrio dice “trentotto”) un po’ (troppo) vivaci, che “conquistano” un postic-ino tutto per loro, un oratorio, con i loro modi, con i loro tempi, per i loro comod-ini. Nulla di grave. Qualcuno direbbe “una ragazzata”. La ragazzata, però, è andata avanti un po’ troppo e si sa, a furia di tirar la corda, dopo un po’ si spezza. E si è spezzata, per fortuna.
Dico per fortuna con il celeberrimo senno di poi. Dico per fortuna perché “grazie” a loro un po’ di grandi si sono seduti (chi su una sedia, chi per terra, chi su un calorifero spento…) e si sono ascoltati.
Si sono ascoltati!
Non hanno acceso la tv, non si sono connessi ad Internet. Si sono infilati tutti in una sala nontantograndesenzariacondizionata e si sono parlati. Qualcuno era sull’arrabbiatello andante. Qualcuno era deluso. Molti erano curiosi, ma di una curiosità sana, quella che fa crescere pure i bamb-ini. Ora che ci penso più che curiosità, ieri sera, negli occhi e nell’attenzione, si vedeva meraviglia; e se la meraviglia, come dice il buon vecchio Aristotele, è la premessa alla conoscenza, allora posso ben dire che i grandi di ieri sera sono tornati a casa ben più istruiti di quando sono arrivati all’auditorium, più cresciuti, più “grandi”.
Due preti, due preti-preti, hanno parlato della loro vita. Uno da Scampia, l’altro dal Beccaria. Non hanno dato risposte o proposto soluzioni. Hanno solo parlato di vita. Anzi: hanno parlato della vita dei loro ragazzi. E questo ha colpito e messo d’accordo tutti, chiudicancellisti e apricancellisti, perché il problema non sta in quel benedetto cancello, che nella mente e nel cuore di tutti (anche di chi ha deciso, soffrendo, di chiuderlo) è sempre rimasto aperto.
Il cancello più difficile da aprire rimane sempre quello del cuore. Non è una tipica frase da cioccolat-ino umbro, ma una verità. Un cuore con il cancello chiuso non si accorge di niente. Non si accorge dei segreti, non si accorge degli imbrogli, non si accorge delle furbate. Non si accorge dei bisogni non detti e delle ferite nascoste. Non si accorge del bene e nemmeno del male, se non quando questo male fa rumore, al tg o sul corsera. Abituati come siamo a dar ragione solo al fracasso, ciò che abita il silenzio è per noi inesistente. E così non importa se tra i “piccoli” e i “grandi” cala il silenzio, se i “piccoli” non sono più capaci di raccontare qualcosa di sé ai loro “grandi”, se la comunicazione è sbrigativamente ridotta al “Ciao. Tutto bene. Ciao”. Non possiamo più accontentarci di queste semplificazioni. Occorre avere un coraggio nuovo: il coraggio di dire “no, così non va”. Ma occorre farlo seriamente.
Il no più grande è da dire ai “grandi” che non vogliono far crescere questi ragazzi. Il no più grande va detto a chi li vuole riempire di cose, di marche, di parolacce (perché le parolacce i piccoli le imparano dai grandi!), di illusioni che fanno aver paura dei grandi sogni, di corpi usati per far denaro, di successo troppo facile e senza fatica, di noia verso le cose belle, buone e vere. Il no più grande va detto a certa televisione. Il no più grande va detto ai troppi pessimisti-politicamente-corretti che pensano ai sognatori come a dei poveretti.
I poveretti son loro. Ma anche a questi dobbiamo voler bene.

È vero: forse “non riusciamo ad educare tutti”.
Ma sicuramente, con qualche dritta, tutti li possiamo amare.



QUOTATION: "Nel massacro odierno di identità aiuto i ragazzi ad essere se stessi", Alessandro, insegnante (vero).

1 commento:

  1. complimenti....... ma proprio tanti =)
    Condivido quanto scrivi, ho letto il libro che hai usato come immagine e più di una volta mi sono commossa.... perchè è vero, perchè è denso di esperienza e di vita di persone in carne ed ossa che vivono, soffrono, lottano... sbagliano... ma solo l'amore potrà redimerli e questo amore lo dobbiamo dare noi, tutti noi (che poi anche noi abbiamo bisogno di redenzione continua...), ognuno nel suo piccolo mondo che poi è il posto che Dio ha scelto perchè sappiamo fiorire e portare frutto... e questo frutto è l'amore, appunto!
    Ciao =)

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