domenica 24 aprile 2011

RALLEGRÀTI

Pasqua è un passaggio.

Dalla morte alla vita.
Dal buio alla luce.
Dalla tristezza alla gioia.
Dalla mestizia alla letizia.
Dal nero al bianco.
Dal bianco al rosso.
Dall’odio all’amore.
Dall’indifferenza all’abbraccio.
Dalle lacrime al sorriso.
Dall’ansia alla calma.
Dall’illusione alla realtà.
Dall’inimicizia all’amicizia.
Dal brutto alla bellezza.
Dal male al bene.
Dal falso al vero.
Da ciò che non è all’unico Vivo, all’unica Luce, all’unica Gioia, all’unica Letizia, all’unico Bianco, all’unico Rosso, all’unico Amore, all’unico Abbraccio, all’unico Sorriso, all’unica Calma, all’unica Realtà, all’unica Amicizia, all’unica Bellezza, all’unico Bene, all’unica Verità.

C’è stato un suono in questo lungo giorno che ha scosso le mie orecchie. È stato il suono di una campana, suonata con tanto entusiasmo da alcuni bambini. All’inizio, un po’ stordito per il chiasso di quei rintocchi, non capivo perché tanta allegria nella semplicità di quel gesto, capace di generare ancora sorrisi, nonostante tutto il difficile che si respira in giro.
I più difficili (poveretti loro!) hanno la razionalità del cinismo dalla loro parte, l’intelligenza della disillusione, l’astuzia dei calcolatori, e si accontentano di terra invece di continuare a desiderare il Cielo.

Anche gli amici non si rendono conto di quello che è accaduto al loro Amico. Finché non rivivono situazioni a loro familiari: il loro nome chiamato, i gesti soliti di tutti i giorni, quelli a cui nessuno presta grande attenzione, quelli diventati abitudine.
L’abitudine non permette alcun passaggio, nessuna pasqua, nessuna risurrezione.
Ci si ferma al sepolcro, ci si ferma alla morte.
Per gli abituati Gesù non è mai risorto e mai potrà far risorgere nessuno.
Il mio bisogno di essere sollevato dalla terra, il mio desiderio di guardare e abitare quel cielo, l’emozione di uno sguardo che fissando chiama e chiede tutta la vita, la vita tutta intera, non mi fa mai abituare alla Pasqua, mai alla risurrezione, mai all’idea che l’ultima parola non è della morte (e nemmeno della vita!) ma sempre dell’amore. Non mi fa mai abituare al suono delle campane e dentro di me riesco ancora a sorridere, nonostante il grande chiasso che quei bambini hanno voluto fare.

Illuso? Ignorante? Sognatore? Ottuso? Ingenuo?
No, risorto.
Auguri!

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