sabato 2 aprile 2011

«SIAMO CIECHI ANCHE NOI?»


Una cosa interessante che si nota leggendo questo famoso brano del Vangelo di Giovanni sono le azioni più ricorrenti compiute dai personaggi della narrazione. Fondamentalmente sono due: vedere, nel senso di recuperare la vista, di notare le cose che succedono, di comprendere ciò che si vive; ascoltare, soprattutto le tante domande fatte e le parole dette.
Gesù vede un uomo cieco dalla nascita, che quindi non ha mai visto nulla di ciò che esiste nella realtà, e gli dice di andare a lavarsi alla piscina di Siloe. Quelli che avevano visto per anni quell’uomo, seduto per terra, sul bordo della strada «perché era un mendicante», dicono parole di stupore, non si spiegano come sia potuto accadere quel miracolo. Alcuni dicono «è lui», altri «no, ma gli assomiglia». Il cieco nato, non così esperto nell’arte dell’osservare le cose del mondo, non esita a dire «sono io!».
Sembra quasi che ci sia dell’incertezza in chi è sempre stato abituato a vedere e una grande sicurezza in chi ha appena incominciato a farlo, fidandosi di una parola detta. Come se i primi, a poco a poco, stessero perdendo la vista, mentre il secondo ha effettivamente incominciato a vedere solo dopo aver incontrato e ascoltato il Signore.
Gesù alla fine del brano lo dice chiaramente: «Io sono venuto nel mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi».
Come è possibile? È vero che Gesù vuole renderci ciechi? È vero che il Figlio dell’uomo, apparso in tutta la sua bellezza sul monte Tabor, vuole confondere le nostre poche certezze e renderci in questo modo un po’ più fragili? Può il Figlio di Dio, venuto come Salvatore, renderci schiavi delle tenebre dell’ignoranza?
Forse questo tipo di domande ci allontana un poco dalla verità. Il miracolo fatto da Gesù sugli occhi di quest’uomo non gli ha permesso soltanto di vedere, ma anche di cambiare coraggiosamente vita. È questo il vero miracolo per lui e per noi: la possibilità di cambiare la vita, di convertirsi, di riscattarsi da una condizione che non rende vera l’esistenza.
Al tempo di Gesù i ciechi potevano soltanto mendicare, cioè dipendere in tutto e per tutto dagli altri, essere in qualche modo schiavi della generosità altrui. Nessuno poteva costruirsi da solo il suo futuro.
Dopo quel gesto del fango, quell’uomo con occhi nuovi donati da Gesù, ha il coraggio di vivere veramente, di rispondere alle provocazioni che gli vengono lanciate. Ha la forza di affrontare i dubbi della sua fede, riesce a non fermarsi di fronte a ciò che non lo faceva vivere. La luce portata nella vita di quest’uomo è la sua fede in Gesù.
Nel cammino quaresimale che stiamo vivendo, sono molti i segni che ci dicono la possibilità di un’altra vita a partire dall’incontro con Cristo. Il digiuno, vissuto da Gesù nel deserto, ci ha fatto capire il bisogno, di tanto in tanto, di fare i conti con quanto abbiamo dentro e fuori di noi, di rinunciare un poco alle nostre certezze e di confrontarci sempre con l’unico alimento capace di tenerci in vita, la sua Parola; il volto e il vestito luminoso nella Trasfigurazione ci hanno mostrato una luce capace di destare stupore e meraviglia, per svegliarci dal sonno dell’abitudine, che rende stanco il nostro vivere; l’incontro con la Samaritana al pozzo ci ha parlato del bisogno di un’acqua viva che disseti una volta per tutte la nostra sete di verità e di felicità. Anche con questo brano ci è dato di sperare: sembra proprio che Gesù porti solo cose buone, cose belle, cose vere nella vita di chi lo accoglie. Eppure, oggi come allora, le resistenze sono tante, non solo in chi non riesce o non vuole credere, ma anche in noi cristiani.
Le resistenze alla Buona Notizia del Vangelo sono ben rappresentate dall’atteggiamento dei Farisei: ci sono sempre cose più importanti da fare, da ascoltare, da seguire, siano esse regole, leggi, impressioni, lavori, impegni. Tutto sembra sempre più importante di Dio e si sa, quando le cose importanti incominciano a perdere il loro valore, tutto appare più difficile, a volte impossibile. Impossibile come il fatto che un cieco nato possa recuperare la vista per mano di un Rabbì che guarisce di sabato, contravvenendo alla legge mosaica.
Anche di fronte alla più grande evidenza, l’incredulità ha sempre la meglio e i dubbi, le domande, le incertezze, a lungo andare, sono i passi che conducono ad avere un cuore freddo, poco abituato ad amare, e degli occhi privi di luce, incapaci di sperare. Ecco la vera cecità: quella di un cuore freddo che piano piano smette di battere. A chi non vuole più amare, Gesù prevede un futuro di ciecità. Ma a chi sa affidarsi alla sua cura, chi sa che la sua Parola guarisce davvero la vita, il Signore è in grado di aprire gli occhi, di riempirli della sua luce, di donare davvero quella gioia che vale tutto. Il cammino verso Gerusalemme e la Pasqua continua. A noi la scelta di continuare ad ascoltare o meno la Parola che salva e quella domanda, a mo’ di esame di coscienza: forse «siamo ciechi anche noi?».


NoiBrugherio, sabato 02 aprile 2011

2 commenti:

  1. Questo video può essere interessante

    http://ondemand.mtv.it/serie-tv/il-testimone/s01/il-testimone-s01e12-3

    A.nonimo

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