martedì 13 settembre 2011

LA FINE E IL FINE

Arrivo con un giorno di ritardo a commentare ciò che per una buona parte della popolazione è cominciato ieri: l’inizio della scuola. Ho letto qua e là sulle bacheche del facebook molti countdown fatti partire già dal primo giorno di scuola. Uno in particolare mi ha fatto sorridere e riflettere. 
Scrive A., 17 anni: “primo giorno andato…dai, ne mancano solo 199”. 
Deve essere una bella ansia quella che anima molti studenti oppure una certa delusione a priori rispetto a quello che vivranno. Nove mesi di “comunità forzata” nella quale saranno continuamente messi alla prova, per vedersi rifilare un numero, possibilmente maggiore o uguale a sei, che determinerà la serenità della prossima estate o un grande senso di fallimento esistenziale. Perché è vero che la scuola non è tutto nella vita, ma è anche vero che a questi ragazzi la scuola “porta via” un sacco di tempo. Per questo a molti la scuola non piace, perché si presenta come una ladra, che rapisce la vita, ruba quell’idea di libertà che l’estate aveva facilmente regalato e appiccica un numero che dice quanto si vale: poco più o poco meno di un sei. Ecco perché ai ragazzi sembra più facile e bello pensare alla fine della scuola e non al fine di questa. Pensare al fine di qualcosa porta a chiedersi il perché. Perché vado a scuola? Perché le cose che mi vengono trasmesse dovrebbero servirmi? Perché le cose che imparo sono importanti per la mia vita? Ci sono dei perché più importanti di questi, non lo metto in dubbio. Ma per allenarsi a farsi le domande giuste (che è il segreto per incominciare a capire perché siamo al mondo) occorre conoscere chi prima di noi si è chiesto quel “perché”, in tutti gli ambiti, scientifici e umanistici, artistici e tecnici, e a quali risposte sono arrivati tutti coloro che ci hanno preceduto nella storia. Continuare a chiedersi il fine dell’andare a scuola, magari chiedendo aiuto a chi è più grande e ai professori stessi per cercare di darsi una risposta, può permettere, a mio modesto avviso, di passare quei duecento giorni un po’ più serenamente, con la voglia di capirci qualcosa in più di questo mondo, di ciò che lo fa “funzionare” e di accorgersi con meraviglia di quanto sia bella la vita. 

Ecco cosa mi hanno trasmesso i miei insegnanti: l’importanza di fare le domande giuste, l’entusiasmo nel ricercare il fine e il “perché” delle cose e lo stupore di vivere questa (e non un’altra) bella vita. 
Buon anno, a voi gabbianelle e a quei gatti che vi insegneranno a volare!

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