domenica 5 dicembre 2010

ASPETTARE VUOL DIRE ASCOLTARE

Qualche spunto me lo ha dato il vivere questa fresca domenica, una lunga telefonata con un amico, l'ascoltare una grande persona e, come spesso accade, lasciandomi insegnare dai "piccoli".
Ripensando alla lunga settimana, passata ad ascoltare.

1. Ascolto risposte all’orecchio
dAle “Se ho una cosa importantissima da dire cosa devo fare?
M. (9 anni) “Vai in televisione!
S. (9 anni) “No! Perché i bambini poveri non hanno la televisione!

Santa sapienza, quella dei bambini!
Però è vero: se ho una cosa importante da dire – ultimamente – occorre farsi un po’ scaltri. Se dovessimo fare tutti un po’ come Giovanni (il battezzatore), che andava nel deserto ad urlare le cose importanti, sicuramente pochi ci ascolterebbero. Se ho una cosa importante, come mi suggeriva all’orecchio questa mattina M., bisogna che vada in televisione, che mi faccia vedere, che salga su un “palcoscenico” e dia il mio spettacolo. Oppure mi serve un microfono!

2. Ascolto parole che scuotono
In realtà, leggendo bene il brano di Vangelo, che trasporta il mondo romano già (!) a metà dell’Avvento [ma non era appena iniziato?], si nota come non siano certo parole dolci o smielate quelle del cugino di secondo grado di Nostro Signore.
Razza di vipere” è un insulto bell’e buono, della serie “uno scossone non fa mai male”, soprattutto in questi tempi in cui occhi e orecchie son già pieni di immagini e caotici suoni e quello che ci serve è, forse, tastare con mano la verità delle cose. La classica e tradizionale terapia d’urto può ancora – deve ancora – fare miracoli!

3. Ascolto per la prima volta
da queste pietre Dio può suscitare figli
È vero! È vero! È vero!
In ogni istante c’è una possibilità da sfruttare per “suscitare figli”. Oserei dire farli ri-nascere, nel senso di ri-cordare (portare nuovamente al loro cuore, vagamente simile ad ac-cordare) loro la possibilità di una vita piena. Una vita da figli. Capita per strada. Capita sulla metro. Capita anche su un tavol-ino, di fronte a una cioccolata e di fianco a qualcuno incontrato per la prima volta nella vita. Può capitare davvero “in ogni occasione”.

4. Ascolto parole che diventano cose
Serve un microfono per chi non ha più voce, per chi non riesce a parlare, per chi non riesce a capire cosa sia giusto fare. Chi non sorride, chi piange, chi muore. Microfono è solo un piccolo suono del cuore. Quel di più che ti fa ascoltare, sentire (cioè toccare) ciò che per te è il meglio. Un servizio. È servire!

Mi basta sapere, alla fine di questa settimana, di essere stato un po’ un microfono: capace di far risuonare la sua Parola (che è passata, in tanti e diversi modi, ma è passata!) e di sussurrare a chi ne aveva bisogno: “Tu sei il meglio!”.

Aspettare vuol dire ascoltare!

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