domenica 25 dicembre 2011

INSOMMA, UN PO' DI LUCE






Caro Gesù Bambino, 
quest’oggi vorrei dedicare a te questi semplici e poveri pensieri, non perché non siano importanti le persone che partecipano a questa celebrazione, anzi!, li hai invitati proprio tu, in un modo o in un altro, ma perché oggi è davvero la tua festa e mi pare importante, ancora più delle altre volte, lasciare a te il maggior spazio possibile in questa giornata. Altrimenti, non facciamo solo un dispetto a te, magari senza neanche accorgerci. Ma lo facciamo sopratutto a noi stessi. Oggi il festeggiato sei tu! 
Ti abbiamo aspettato. Ti abbiamo aspettato tanto. Qualcuno di noi si è messo in cammino verso la tua venuta, insieme a tutta la Chiesa, e in quel tempo che la tua Chiesa ha chiamato Avvento, si è lasciato provocare e illuminare dalla tua Parola che salva, dalla Parola del Padre, che lo Spirito santo ci ha donato per camminare sulla via della vita. 
Qualcuno di noi ha fatto un po’ di fatica: nella tua Parola che salva ci hai chiesto spesso di rimanere svegli, di rimanere attenti alle cose che ci succedevano, senza lasciarci distrarre da troppe preoccupazioni. Però.. quanto è difficile! Lo ammetto anche io: in questo ultimo mese, prima che noi ricordassimo l’evento prodigioso della tua nascita, anche io mi sono lasciato spesso prendere da mille preoccupazioni. Cosa ci possiamo fare? La vita, la nostra vita di uomini, è fatta soprattutto di queste cose, e noi, poveri figli del Padre tuo che è nei cieli, cerchiamo tutti i giorni di vivere al meglio e di far fruttare tutti quei doni che la sua bontà ci ha affidato. Ma non è sempre facile! In questo nostro tempo, nonostante tutti i mezzi che abbiamo e che si siamo costruiti per far sì che la nostra vita sia molto più facile, vivere, vivere bene, vivere una vita bella, buona e vera, è sempre più difficile. Abbiamo tutto e più di tutto. Eppure, ci manca sempre qualcosa. Non siamo mai contenti! Se facciamo invece qualche esperienza, magari un po’ scomoda, che ci fa toccare con mano anche un po’ di povertà, anche qualche fatica, ma per un bene più grande, magari per il bene di qualche nostro fratello più bisognoso, allora capiamo che la felicità nostra non è nelle cose che abbiamo o che non abbiamo, che il nostro cuore non gioisce se sappiamo tante cose o siamo più furbi degli altri. A furia di continuare a fare i furbi, ultimamente, ci siamo anche abbastanza rovinati. E viviamo un tempo in cui il futuro, più che essere il luogo dei nostri sogni, il luogo in cui i nostri desideri possono trovare la loro realizzazione, sta diventando sempre di più qualcosa di incerto, una specie di mostro senza figura, senza un contorno certo. Qualcosa insomma che ci fa paura. Come il buio! 
Sì, perché devi sapere, caro Gesù Bambino, che a noi uomini il buio fa ancora paura. Non è una paura solo da bambino. Anzi! La mancanza di luce spaventa più i grandi che i piccoli. I piccoli, almeno, sanno che quando sentono paura possono sempre chiamare mamma o papà, che li aiuti a superare quel momento. Noi grandi, invece, quando siamo presi dalla paura del buio ci paralizziamo, non chiediamo aiuto a nessuno, a volte scappiamo, senza chiederci il perché di quelle tenebre. E ci facciamo andare bene la vita anche così: al buio. Ma che vita è una vita al buio? Una vita piena di tenebre, di ombre, di paure?
Perché non troviamo la forza di affidarci a te, che sei venuto nel mondo per vincere le tenebre, sei venuto nel mondo come luce per illuminare il mondo? Perché facciamo fatica a credere a te, alla tua vita, alla tua Parola, mentre troviamo molto più credibili le favole che tutti i giorni la televisione ci racconta? Perché ci emozioniamo di più di fronte ai racconti inventati di tanti programmi televisivi, che si accontentano di non farci pensare e di farci perdere un sacco di tempo? 
Ma non è solo la paura del buio che ci colpisce. Una volta ho letto da qualche parte una frase di un famoso filosofo dell’antichità, che è vissuto qualche secolo prima di te. Si chiamava Platone e diceva così:
Possiamo perdonare un bambino quando ha paura del buio. La vera tragedia della vita è quando un uomo ha paura della luce”.
Quanto è vera questa frase! Ce lo ha ricordato anche il Vangelo che abbiamo letto poco fa: “veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo...eppure il mondo non lo ha riconosciuto”. 
Questa notte, durante la veglia e la messa, tantissimi di noi hanno potuto sperimentare l’effetto di questa luce che viene nel mondo. Hanno ricordato ciò che più di duemila anni fa è successo, in quella notte così buia, a Betlemme di Giudea. Tutto era avvolto dalla notte, eppure, ad un certo punto, tutto si è fatto nuovo, tutto è stato ricoperto e illuminato dalla tua luce: Maria e Giuseppe nella stalla, i pastori vicino alle loro greggi, i Magi, quei sapienti che abitavano tanto lontano da te, che videro proprio in quella notte, il sorgere della tua stella, che li avrebbe guidati fin da te per riconoscerti come il nuovo Re dei Giudei.
Ci sono voluti due semplici persone per farti nascere: una giovane ragazza vergine, e il suo sposo, che si è impegnato con tutto se stesso per proteggere Maria e per farti nascere, così come l’angelo gli aveva chiesto in sogno. 
Ci sono voluti dei semplici pastori, persone che noi definiremmo un po’ ignoranti, un po’ rozze, per cantarti i canti più belli, per venire ad adorarti senza indugio, senza paura. Invece noi, davanti a persone semplici, il massimo che possiamo fare è quello di sentirci superiori a loro. 
Ci sono voluti uomini che venivano da terre lontane e straniere per riconoscerti come Re del cielo e della terra. Invece noi, quando siamo davanti a fratelli e sorelle stranieri, ci facciamo prendere o dalla paura o da quel brutto senso di insofferenza nei loro confronti, che ce li fa giudicare, che ce li fa allontanare e condannare come ladri o buoni a nulla, senza nemmeno sapere che proprio in quei fratelli tu vuoi essere accolto. 
Tu in questi santi giorni di festa ci parli direttamente con il ricordo della tua nascita e dei primi grandi eventi della tua fragile vita di uomo. Ti chiedo, come piccolo dono, quello di insegnarci una volta per tutte, ad accoglierci tra di noi come fratelli. Non come amici, perché gli amici ce li scegliamo. Ma come fratelli: perché i fratelli non si scelgono, si accolgono e basta. 
Insegnaci a vedere nelle persone semplici e povere il tuo volto, insegnaci a vedere in chi soffre non un peso, ma qualcuno da amare con più intensità. 
Insegnaci, ti prego, a non farci odiare uomini e donne come noi, uguali a noi, che bussano alle nostre porte per chiederci un lavoro, un po’ di pane, un po’ di futuro. Insomma, un po’ di luce! 
Insegnaci, caro Gesù Bambino, ad essere luce come te, a comprendere che tu sei la nostra luce. 
Insegnaci a non avere paura del buio, delle tante tenebre che avvolgono la nostra vita, a non farci paralizzare da queste tenebre. 
Insegnaci il segreto per non avere paura della tua luce, per non scappare dalla tua Parola che può salvare veramente la vita di tutti: bambini, ragazzi, giovani, adulti, anziani... 
Insegnaci a fare silenzio e ad ascoltare: ad ascoltare le persone che incontriamo tutti i giorni, ma ad ascoltare soprattutto te. Forse in questi giorni, rimarremo un po’ stupiti nell’ascoltarti: ci aspettiamo magari grandi risposte, grandi parole, grandi intuizioni, e invece da te, probabilmente, avremo solo dei teneri vagiti, qualche pianto, qualche sorriso senza parole. 
Ma non è forse questa la tua bellezza, Gesù? Non è forse questa la bellezza straordinaria e scandalosa della notizia più grande di tutti i tempi, quella di un Dio che nasce come un bambino, che si fa uomo come ciascuno di noi? 
Lasciaci ancora stupire per la tua nascita, caro Gesù Bambino. 
Solo così, la tua e nostra luce, potrà risplendere davanti a tutti gli uomini! 

Tanti auguri di buon compleanno, caro Gesù! 
E grazie, perché anche quest’anno ci hai fatto il regalo più bello di tutti: sei nato per noi!

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